La Repubblica - Che meraviglie nel sottosuolo

Da Sotto le querce.

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Elena Dusi

7 marzo 2017

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Infografica di Paula Simonetti
Alberto Orgiazzi, biotecnologo, disegnerà l’atlante europeo del terreno “Ecco perché è importante imparare a conoscere funghi e termiti”.

Ci sono più organismi nel suolo che stelle in cielo»: è la frase con cui si presenta Alberto Orgiazzi. Scienziato sì, ma con la vanga in mano. A 34 anni, con una specializzazione in biotecnologie a Torino e una passione contagiosa, è stato assoldato dal Joint Research Centre della Commissione Europea per disegnare la mappa delle «stelle di sotto». Ovvero della vita che pullula sotto ai nostri piedi. «Non la consideriamo mai. Ma il suolo contiene un quarto degli esseri viventi del pianeta».

Un colpo di vanga, mezzo chilo di terra in un barattolo e via, il campione parte per il laboratorio di analisi. È il progetto Lucas – Land Use Cover Area Frame Statistical Survey – finanziato da Bruxelles per disegnare l’atlante del suolo d’Europa. La sua sede è Ispra (Varese). I dati di 28 paesi raccolti tra il 2009 e il 2015 sono in via di pubblicazione. E la nuova campagna parte in primavera. Questa volta, oltre ad analizzare le proprietà fisiche e chimiche del terreno, su mille campioni studierà anche gli organismi viventi, dai funghi alle termiti. «Un barattolo finirà nel laboratorio tradizionale», racconta Orgiazzi. «Un secondo verrà invece congelato e sottoposto al sequenziamento del Dna per scoprire che vita contiene».

Se di biodiversità si parla tanto per gli ecosistemi di sopra, problemi simili riguardano anche gli ecosistemi di sotto. «Abbiamo a cuore panda e orsi polari ma tanti altri organismi se la passano male, e senza araldi disposti a perorare la loro causa». Le cause del depauperamento della vita sotterranea non sono poi così diverse da quelle del resto dell’ambiente. «Deforestazione, inquinamento, erosione del suolo, aridità da un lato e piogge torrenziali dall’altro, che dilavano il terreno e portano nei fiumi gli strati superficiali, quelli più ricchi di vita», elenca Orgiazzi. E ancora: «Agricoltura intensiva e aratura profonda, che fa morire i vermi e danneggia i funghi».

Potrebbe sembrare una questione secondaria, quel che accade sottoterra. Un problema che non ha bisogno di essere nascosto sotto al tappeto perché nasce già bello e sepolto. «Sarebbe miope pensarlo», dice Orgiazzi. Quando va nelle scuole a raccontare ai ragazzi le meraviglie della vita segreta della terra chiede cosa serve a ottenere una mela. «Loro rispondono acqua, luce e albero. E no, ci vogliono anche i microrganismi del suolo». Funghi e batteri entrano in simbiosi con le radici e le aiutano a estrarre i micronutrienti dal terreno in cambio degli zuccheri prodotti dalle piante». Sull’ultimo numero di The Scientist, Davide Bulgarelli, botanico dell’università di Dundee in Gran Bretagna, spiega come lo studio del microbioma delle piante possa portare a una rivoluzione in agricoltura. In fondo anche il microbioma umano – i trilioni di batteri che vivono soprattutto nel nostro intestino – si sta rivelando uno dei rami più promettenti della medicina.

Ma le risorse della terra non sono solo legate all’agricoltura. Un’équipe dell’università di Rockefeller ha pubblicato su Nature Microbiology la scoperta nel suolo di una nuova famiglia di molecole con proprietà antibiotiche. Niente di nuovo: nel 1952 il Nobel per la medicina fu assegnato a Selman Waksman, che coltivando un batterio del suolo aveva estratto la streptomicina, uno dei primi antibiotici contro la tubercolosi. Nel 2015 a vincere è stato invece Satoshi Omura: dalla terra il chimico giapponese ha estratto circa 500 sostanze per combattere le infezioni.

Alberto Orgiazzi, 34 anni, lavora a un progetto finanziato dall’Europa.

«In fondo, della vita sottoterra conosciamo così poco», commenta Orgiazzi. «Abbiamo catalogato 100mila specie di funghi quando si stima che ne esistano 1,5 milioni. E conosciamo 15mila batteri su un totale presunto di oltre un milione. I lombrichi a noi noti sono 7mila, a fronte di 30mila specie che restano da scoprire». I primi 20 centimetri di terreno, quelli dove arriva la vanga dei ricercatori, sono i più interessanti perché più ricchi di biodiversità. Ma c’è un’altra domanda cui i 25mila sacchetti pieni di terra che saranno raccolti nel 2018 potranno rispondere, e riguarda in maniera diretta anche la salute del mondo di sopra. «Il suolo è un grande serbatoio di carbonio. Catturandolo, ne impedisce il rilascio in atmosfera sotto forma di anidride carbonica. Con il nuovo campionamento controlleremo anche questo elemento. E se ne troveremo molto, vorrà dire che la terraancora una volta ci sta dando una mano».