Agricoltura sinergica - Emilia Hazelip

Da Sotto le querce.
« Un suolo nudo non esiste in Natura, tranne quello morto dei deserti. Quando si toglie la naturale copertura vegetale, tutto il suolo vivente cerca di proteggersi dall’azione erosiva del vento e della pioggia coprendosi rapidamente di piante pioniere particolarmente resistenti. Mantenere il suolo “pulito” è un’aberrazione di quella parte dell’umanità che ignora il funzionamento della vita del suolo. »
Emilia Hazelip, Agricoltura sinergica. Le origini, l'esperienza, la pratica. Terra Nuova Edizioni (Città di Castello, 2014)
Emilia Hazelip (Barcellona, 18 luglio 1937 – Carcassonne, 2 febbraio 2003) è stata un'agricoltrice permacultrice spagnola. È stata una pioniera dell'agricoltura sostenibile e permanente: ha ideato e messo a punto il metodo di coltivazione dell'agricoltura sinergica, frutto dell'adattamento al clima mediterraneo dell'agricoltura naturale del microbiologo giapponese Masanobu Fukuoka e della Permacultura di Bill Mollison e David Holmgren.
Emilia Hazelip (Barcellona, 18 luglio 1937 – Carcassonne, 2 febbraio 2003) è stata un'agricoltrice permacultrice spagnola. È stata una pioniera dell'agricoltura sostenibile e permanente: ha ideato e messo a punto il metodo di coltivazione dell'agricoltura sinergica, frutto dell'adattamento al clima mediterraneo dell'agricoltura naturale del microbiologo giapponese Masanobu Fukuoka e della Permacultura di Bill Mollison e David Holmgren.

Curare la Terra per guarire gli uomini

Da quando è stata inventata, la pratica di muovere il terreno prima di seminare è diventata sinonimo di agricoltura. Oggi, la scienza agronomica continua a consigliare l'aratura senza metterla in dubbio, invece di bandirla come la principale responsabile della perdita dei suoi e della scomparsa degli ecosistemi. Perché abbiamo bisogno di rimuovere, arare, lavorare la terra per ottenere il rendimento? Il suolo è un organismo estremamente complesso la cui fisiologia non è abbastanza compresa né rispettata dall'agricoltore. Il suolo è stato studiato per ottenere i migliori raccolti senza preoccuparsi del suo modo simbiotico di funzionare con le piante coltivate, come fa in natura con le piante selvatiche. Fino a Liebig, il non aver compreso l'importanza di questa simbiosi è stata la causa di numerose distruzioni di ecosistemi dall'antichità. Così in Mesopotamia, ai tempi dei Sumeri, il paesaggio era verdeggiante, coperto di foreste, mentre ora sono rimaste solo terre erose, sprovviste di vegetazione. Il trattore e i concimi chimici non esistevano all'epoca, ma la pratica dell'aratura e dei terreni nudi esisteva. Sul continente americano, la cultura Maya era costretta a spostare i suoi villaggi via via che l'agricoltura distruggeva il suolo. Era necessario dissodare terreni vergini sempre più lontani dalle case, finché risultavano così lontani che conveniva spostare il villaggio. La distruzione del suolo e il dissodamento continuano così a espandersi. La cultura occidentale è oggi fiera di poter andare sulla Luna e nelle stelle, ma nei confronti della terra madre manifesta una completa ignoranza e non sa come vivere senza avere un comportamento parassita.

L'agricoltura basata sull'autofertilità del suolo è l'agricoltura del futuro

Masanobu Fukuoka, microbiologo e agricoltore giapponese, cominciò nel 1937 alcune sperimentazioni di colture di riso e di agrumi, lasciando il suolo come se non fosse coltivato. Per 60 anni la sua fattoria ha prodotto riso, orzo, ortaggi, frutti, senza alcun apporto di concimi, pesticidi, erbicidi di origine chimica o biologica. La sua esperienza è la prova che è possibile economicamente avere una produzione agricola mantenendo il suolo attivamente auto-fertile, come lo sono i terreni selvatici degli ambienti non traumatizzati dalla presenza manipolativa umana. Masanobu Fukuoka è l'autore della prima riforma agronomica proposta da quando l'agricoltura esiste, ma questa rivoluzione impiega molto tempo a essere riconosciuta e accettata. Il solco morfogenetico dell'aratura è profondo 10.000 anni ed è stato mantenuto da milioni di persone attraverso il tempo e lo spazio. Quest'abitudine ci terrà ancora a lungo schiavi di questa pratica nefasta per il Pianeta e per i suoi abitanti.

Ci auguriamo che la capacità umana di adattarsi ai cambiamenti ci dia la forza di fare il "salto quantico" alla velocità massima per rispondere alla situazione di urgenza attuale poiché la risorse del Pianeta, quanto la sua capacità di neutralizzare l'inquinamento, le contaminazioni e gli squilibri che creiamo, sono limitate.

Il "peccato originale" dell'Occidente è stato la sua rottura con l'Ambiente, la sua separazione dall'insieme del "creato" e dalla catena della vita, delle complementarietà, delle simbiosi, in cui si sviluppa l'effetto sinergico, unico per la vita organica.

Le culture umane, avendo preso una strada sbagliata, sviluppano delle credenze antropocentriche, invece di praticare il biocentrismo comune a tutti i membri della creazione. Queste culture manifestano la loro presenza nel grembo della vita planetaria, nello stesso modo in cui lo fa uno psicopatico nella vita sociale umana. Tuttavia facciamo parte di una specie che ha ugualmente saputo creare delle culture dove la distribuzione dell'ecosistema e la pratica della guerra non sono mai esistite.

I principi ispiratori

Masanobu Fukuoka: l'agricoltura del non fare

Pagina principale: La rivoluzione del filo di paglia - Masanobu Fukuoka

Alan Smith: lo scienziato del suolo

Correlato: Biologia delle piante - Peter H. Raven    Che meraviglie nel sottosuolo - La Repubblica

Tra le voci di chi cita i benefici della non lavorazione del suolo, c'è un'altra persona il cui lavoro è di grande rilevanza. Il dottor Alan Smith, uno scienziato australiano, studioso del suolo, che nella metà degli anni '70 fece una delle più grandi scoperte studiando la Phytophthora, un devastante fungo che in Australia stava rovinando le coltivazioni di avocado.

Qui di seguito un suo articolo pubblicato sul Permaculture International Journal a risposta della domanda:

"Il suolo non ha bisogno di essere periodicamente aereato per stimolare l'attività microbica e liberare nutrimento per le piante?"

Un approccio, quello di Alan Smith, che conferma le affermazioni di Faulkner e di Fukuoka.

"Non c'è dubbio che arare il suolo inizialmente incrementi l'ossigenazione e provochi un contatto intimo fra il suolo minerale e ogni residuo organico. Questo stimola l'attività microbica e i nutrienti immobilizzati nele riserve organiche vengono liberati rapidamente nel suolo. Tuttavia, se non ci sono piante presenti nel suolo che possano trarre vantaggio dalla mobilizzazione di questi nutrienti, essi verranno rimossi o rapidamente fissati in forme non più disponibili.

L'ossigenazione del suolo coincide con la rimozione delle piante spontanee, in questo modo non ne viene lasciata nessuna (o solo qualcuna) che possa avvantaggiarsi dei nutrienti che sono stati liberati. È ovvio che, se questa pratica viene applicata stagione dopo stagione, il risultato è una perdita di nutrienti.

Prima che queste interazioni vengano discusse è fondamentale riaffermare l’unicità della posizione che le piante hanno in qualsiasi ecosistema. Sono gli unici organismi viventi che possono utilizzare direttamente l’energia del sole e nel processo trasformano quest’energia in forme poi disponibili ad altri esseri viventi. Il pigmento verde, la clorofilla, presente nelle loro foglie, cattura l’energia della luce del sole. Nell foglie avviene un’interazione con l’anidride carbonica presente nell’atmosfera, per produrre composti di carbonio poi resi disponibili sotto forma di risorse energetiche ad altri esseri viventi, come l’uomo, gli animali, gli insetti, i microrganismi quando consumano piante o resti di piante. Nonostante le piante siano le uniche a poter catturare l’energia del sole e trasformarla in energia chimica di cui hanno bisogno per crescere, metabolizzare e riprodursi, esse necessitano anche di altre sostanze che non sono in grado di produrre direttamente. Hanno bisogno per esempio di sali minerali come azoto, fosforo, zolfo, calcio, potassio, magnesio e di numerosi oligoelementi. Il suolo è la riserva di questi nutrienti, ma per ottenere forniture adeguate le piante devono alterare l’ambiente attorno alle loro radici per rendere disponibili questi nutrienti. Uno dei meccanismi più utilizzati è quello di stimolare l’attività dei microrganismi presenti nel terreno attorno alle radici. La pianta stimola l’attività microbica nel suolo fornendo energia chimica sotto forma di essudati radicali e rifiuti. Esiste dunque un rapporto intimo fra le piante e i microbi del suolo.

Le ultime ricerche indicano che, durante la vita della pianta, fino al 25% dell’energia chimica prodotta nelle foglie sotto forma di composti del carbonio, si perde nel terreno circostante le radici. Questo materiale è perso o come essudati radicali o come cellule vegetali morte abbandonate dalla pianta. A un primo esame questo sembra essere un meccanismo dispendioso altamente inefficiente. La pianta fa un notevole lavoro per cattura l’energia del sole e la converte in energia chimica, ma poi perde quasi un quarto di questa energia nel terreno!

Credo fermamente che se un sistema vivente apparentemente spreca un quarto dell’energia che si impegna a produrre, allora questa perdita deve, in ultima analisi, portare un beneficio diretto all’organismo stesso. In che modo la pianta trae beneficio da questa perdita di composti di carbonio nel suolo?

Questi composti sono soprattutto fonti energetiche per i microrganismi del suolo che proliferano nella rizosfera, ossia la zona direttamente adiacente alla radice della pianta. Questi microrganismi si moltiplicano così rapidamente che impoveriscono il suolo di ossigeno nei numerosi micrositi della rizosfera. Così formano dei micrositi anaerobici (privi di ossigeno). La formazione di questi micrositi svolge un ruolo importante nel garantire la salute e il vigore delle piante.

Produzione di etilene nel suolo

Il ciclo ossigeno-etilene nel suolo.

La nostra ricerca mostra che l’etilene, un semplice composto gassoso, viene prodotto in questi micrositi anaerobici. Inoltre, l’etilene è un regolatore critico dell’attività dei microrganismi del suolo e, come tale, influisce sulla velocità di ricambio della sostanza organica, sul riciclo degli elementi nutritivi e sull’incidenza nelle piante delle malattie generate nel suolo. Le concentrazioni di etilene raramente superano 1-2 parti per milione (ppm), questo fa sì che l’etilene non distrugga i microrganismi del suolo, ma semplicemente li rende temporaneamente inattivi. Quando la concentrazione di etilene diminuisce, l’attività dei microrganismi ricomincia.

L’etilene del suolo viene prodotto in quello che chiamiamo il CICLO OSSIGENO-ETILENE. Inizialmente, i microrganismi proliferano sugli essudati radicali delle piante e impoveriscono di ossigeno i micrositi. L’etilene viene poi prodotto in questi micrositi e si diffonde, inattivando, senza ucciderli, i microrganismi.

A questo punto il consumo di ossigeno è trascurabile e quindi i micrositi riacquistano il tenore idoneo di O2, grazie al normale scambio gassoso tra atmosfera e terreno. Questo ferma o riduce notevolmente la produzione di etilene, che consente ai microrganismi di riprendere l’attività. Si ricreano poi le condizioni favorevoli per la produzione di etilene e il ciclo si ripete continuamente.

In suoli indisturbati, come nelle foreste e nelle praterie, l’etilene può essere continuamente rilevato nell’atmosfera del suolo, indicazione che il ciclo ossigeno-etilene opera in modo efficiente. Viceversa, nella maggior parte dei terreni agricoli, le concentrazioni di questo gas sono estremamente basse o addirittura inesistenti. Questo è prevedibile, dal momento che l’etilene gioca un ruolo importante nella regolazione dell’attività microbica nel suolo. È ben noto che negli ecosistemi indisturbati vi sono un lento ed equilibrato ricambio di materia organica e un riciclo efficiente dei nutrienti vegetali, inoltre le malattie delle piante non sono rilevanti. Quando questi ecosistemi sono disturbati dall’uso agricolo-forestale la situazione cambia drasticamente: c’è un preoccupante calo della quantità di sostanza organica del suolo, le carenze di nutrienti vegetali diventano diffuse e l’incidenza di malattie delle piante aumenta drammaticamente.

Come fa il ferro ferroso a innescare il rilascio di questo gas nel suolo? La forma ridotta reagisce con un precursore dell’etilene che è già presente nel terreno e ha luogo una reazione che provoca la liberazione di etilene. Il nostro lavoro ha stabilito che questo precursore proviene da piante e, soprattutto, si accumula in quantità apprezzabili solo in foglie vecchie e piante senescenti. Quando queste foglie vecchie cadono a terra e iniziano a decomporsi, il precursore si accumula nel suolo. Poi, quando le condizioni diventano favorevoli per la mobilizzazione del ferro ferroso, l’etilene viene prodotto.

Mobilizzazione dei nutrienti essenziali delle piante

Uno dei più importanti fattori che limitano la crescita delle piante nella maggior parte dei terreni agricoli è un inadeguato apporto di elementi nutritivi essenziali. Questo si verifica anche se ci sono sufficienti riserve di questi nutrienti nel suolo perché essi si trovano in forme altamente insolubili. Il loro alto grado di insolubilità fa sì che essi non vengano lisciviati dal suolo, ma dal momento che per le piante essi sono assimilabili solo in forma solubile, si creano dei problemi di approvvigionamento. La formazione di micrositi anaerobici nella rizosfera, che è di così fondamentale importanza per la produzione di etilene, svolge un ruolo indispensabile nella mobilizzazione e nel rifornimento di questi nutrienti essenziali alle piante.

Questo meccanismo ruota intorno all’importanza del ferro nel suolo. Come già discusso, in normali condizioni del terreno il ferro si ritrova come minuscoli cristalli di ossido di ferro. Questi cristalli hanno una grande superficie e sono molto carichi. Come risultato, alcuni nutrienti, come fosfato, solfato e oligoelementi, sono strettamente legati alle superfici di questi cristalli. In questa forma sono praticamente indisponibili per le piante. Se si sviluppano, invece, dei micrositi anaerobici, i legami chimici che uniscono questi elementi si rompono e i nutrienti legati vengono rilasciati e possono essere assorbiti. Al tempo stesso elevate concentrazioni di ferro ferroso (forma ridotta e mobile) vengono rilasciate nei micrositi. Gli altri nutrienti essenziali, compresi calcio, potassio, magnesio e ammonio, sono legati alle particelle di argilla e alle sostanze organiche.

Quando le concentrazioni di ferro ferroso aumentano così tanto, questi nutrienti dal ferro passano nella soluzione del suolo, dove sono ora disponibili per l’assorbimento da parte delle radici. Poiché i micrositi anaerobici hanno più probabilità di formarsi nella rizosfera delle piante, le sostanze nutrienti sono mobilizzate esattamente dove sono necessarie alla pianta. Un ulteriore vantaggio di questo meccanismo è che se i nutrienti rilasciati non sono utilizzati dalle radici non possono essere lisciviati nel terreno. Appena migrano verso il margine dei micrositi anaerobici, si verifica la riossidazione del ferro con la ricristallizzazione dell’ossido di ferro. Questi cristalli quindi si legano nuovamente ai nutrienti e prevengono la loro lisciviazione.

Le condizioni del suolo necessarie perché questo meccanismo possa operare sono identiche a quelle richieste per la produzione di etilene. Così nei terreni agricoli, in cui la produzione di etilene è inibita o alterata, questo meccanismo di mobilizzazione dei nutrienti viene ridotto. Ancora una volta, le elevate concentrazioni di azoto nitrico che si verificano nei terreni agricoli sono uno dei maggiori inibitori della mobilizzazione efficiente di nutrienti.

William R. Jackson: come proteggere i microrganismi del suolo

I microrganismi presenti nel nostro ambiente avviano l'umidificazione attraverso la trasformazione biochimica delle sostanze carboniose complesse. Essi sono coinvolti in una serie di reazioni causate dall'azione dei loro enzimi che decompongono tessuti vegetali e animali, degradando così sezioni di polimeri complessi in segmenti semplici. Tutti i composti organici prodotti biochimicamente possono essere digeriti dai microrganismi.

Fondamentalmente il tessuto vivente è costituito da un insieme di sostanze biochimiche che sono instabili finché vengono utilizzate e finché c'è produzione di calore (termodinamica). Quando non sono più impegnate nei processi vitali (comprese le secrezioni o la decomposizione dell'organismo), le biomolecole di solito perdono la loro composizione originale e sono, alla fine, trasformate in semplici composti stabili. Questa rottura di composti organici coinvolge processi fisico-chimici come l'ossidazione, la fotolisi e la termolisi. La maggior parte di questi cambiamenti sono innescati biologicamente.

È durante la respirazione aerobica che il carbonio organico viene convertito in biossido di carbonio, l'azoto in nitrati, lo zolfo in solfati, il fosforo in fosfati. È studito e dimostrato che l'uso di microbi diventa sempre più importante nella rapida, sicura ed economica rivitalizzazione del terreno. Ad esempio, gli escrementi e i residui prodotti dai lombrichi e dai microrganismi contengono una maggiore quantità di nutrienti per le piante. Esperimenti dell'USDA (United States Department of Agricolture) hanno dimostrato che, in alcune zone, i lombrichi arrivano a trasformare fino a 800 kg di terreno per ettaro al giorno in escrementi. Questi residui sono generalmente mescolati agli strati superiori del terreno dando origine alla formazione dello strato umico. Un'analisi chimica del suolo madre, prima e dopo essere stato elaborato da microrganismi e lombrichi, ha dimostrato i seguenti incrementi:

  • Nitrati - 500%
  • Disponibilità di fosforo - 700%
  • Potassio scambiabile - 1200%
  • Calcio scambiabile - 150%
  • Carbonio organico - 200%
  • Magnesio disponibile - 200%

Micorrize

Elena Parmiggiani

Le micorrize svolgono un ruolo ecologico fondamentale per la salute delle piante e del suolo.

Le micorrize sono funghi i cui filamenti avvolgono e/o penetrano le radici delle piante, svolgendo un ruolo di importanza fondamentale per la salute di queste ultime e del suolo. La simbiosi mutualistica tra funghi e piante è particolarmente diffusa in natura e circa il 90% delle piante presenta questa relazione benefica. Il tartufo, per esempio, è un fungo sotterraneo che crea una relazione simbiotica con la quercia e altre piante.

Le endo-micorrize arbuscolari, chiamate per brevità AM, rappresentano il tipo più comune di micorrize ed interessano le principali colture. Sono chiamate endo-micorrize perché il fungo si sviluppa dentro le cellule delle radici della pianta. Esternamente alle radici, il fungo sviluppa una fitta rete di ife, aumentando notevolmente il volume di terreno esplorato.

Le micorrize traggono nutrimento zuccherino dalla pianta (dal 10 al 20% del carbonio prodotto con la fotosintesi), mentre la pianta ottiene dalla presenza del fungo acqua ed elementi minerali ed organici resi solubili.

I funghi micorrizici, microscopici abitatori del suolo, sono in grado di accelerare la mineralizzazione e il riciclaggio di nutrienti, ma anche di essere essi stessi fonte di nutrimento per lombrichi ed altri organismi. Favoriscono l’aereazione del terreno, l’arricchimento di materiale organico e creano habitat per la vita.

La presenza di micorrize è fondamentale per la salute delle piante, che resistono meglio alla siccità, alla salinità, all’acidità, agli sbalzi di temperatura, a malattie di vario genere, alla convivenza con altre piante.

Grazie ai filamenti fungini che penetrano nel suolo creando una fitta rete di scambio, lunga anche centinaia di metri, le piante sono in grado di “comunicare” a grande distanza tra loro, sia a “voce”, sia tramite segnali chimici in caso di attacco di parassiti, incendi, e molto altro. Queste colonie possono estendersi fino a 10 metri di distanza dalla radice e alcune associazioni tra radici e ife delle micorrize possono costituire una rete fino a cento volte più ampia del sistema radicale di piante non micorrizate.

Micorrize di pino nero

Perché si crei una relazione tra micorriza e pianta già adulta e perché le radici e le ife si uniscano, sono necessari anche 18 mesi, mentre una pianta cresciuta in un suolo micorrizato avvia questa simbiosi sin dalla nascita.

Le micorrize vengono inibite, impedendo la loro colonizzazione delle piante e quindi l’apporto di nutrienti e acqua, quando:

  • si concima con fertilizzanti chimici contenenti fosforo;
  • si concima con fertilizzanti naturali;
  • si ara e si lavora il terreno, anche superficialmente;
  • il terreno non è coperto da pacciamatura;
  • il terreno e sottoposto a incendi;
  • il terreno è trattato con diserbanti, fungicidi, pesticidi, fumiganti;
  • si effettua la rotazione delle colture senza tenere conto delle relazioni benefiche (girasole seguito da mais) o negative (colza seguita da mais);
  • non sono presenti diverse specie di piante anche spontanee;
  • non è presente l’effetto benefico di una siepe ricca di biodiversità (in grado di ospitare micorrize in modo permanente), habitat protetto che permette ai funghi di ricolonizzare il terreno circostante, specialmente dopo le lavorazioni.

Importanti alleate per la micorrizazione del suolo sono le moltissime piante pioniere, anche se alcune non presentano micorrizazione se non in suoli molto aridi, come per esempio l’amaranto. Alcune specie che favoriscono la micorrizazione: olmo, acero campestre, rosa canina, amaranto (Amaranthus retroflexus), farinaccio (Chenopodium album), lavanda, timo, girasole, tarassaco, veronica persica, settembrini/astri, pervinca, balsamina, mahonia. Solo per citarne alcune. Molte sono erbe infestanti dell’orto o dei campi.

Realizzare un orto sinergico

Vedi anche: L'orto sinergico - Marina Ferrara

Il suolo, le piante e l'autofertilità

Le piante vive sono costituite per gran parte del loro peso (75-80%) di acqua fisiologica. Un altro 15-20% della loro biomassa è ricavato dalla luce solare e dai gas atmosferici. Dal suolo proviene il 2,5% di nutrizione minerale, mentre il 2,5% che rimane di nutrizione azotata (azoto tellurico) può essere preso dall’atmosfera, se nelle colture associamo piante che fissano l’azoto, come le leguminose.

La grande complessità che si nasconde in un piccolo granello di terra.

La materia organica e la materia minerale sono strettamente legate. L’acqua funziona come veicolo fisiologico permettendo gli scambi nutritivi dall’inerte verso il vivente. L’organo suolo è legato al sistema generatore della materia organica in continuità istologica: terra, microrganismi e piante funzionano in maniera complementare e simbiotica.

Il suolo può nutrirsi di tutto. Lo fa ovunque disponga di una vegetazione diversificata che fornisca una biomassa nutritiva di radici morte e di residui che si accumulano in una lettiera e s’incorporano progressivamente nel suolo come un compostaggio di superficie.

I microrganismi del suolo possono essere così numerosi e con un ciclo di vita così rapido che in un grammo di terreno selvatico, a livello della rizosfera, il loro numero può salire da 1000 a 10.000 milioni di batteri. Il terreno è organizzato in orizzonti pedologici, ma anche in strati di attività biologica molto precisi, a seconda della prossimità con la zona margine dell’atmosfera. La rizosfera è la zona del terreno occupata dalle radici delle piante.

Quando i microrganismi del terreno sono messi a contatto diretto con l’atmosfera, muoiono asfissiati come dei pesci fuori dall’acqua.

Non solo miliardi di organismi viventi vengono distrutti, ma l’humus che si è formato nel suolo subisce una combustione in reazione con l’aria, accelerando la trasformazione biochimica dall’organico verso il minerale. L’humus mineralizzato è solubile e costituisce un elemento fertilizzante che può essere rapidamente assorbito dalle radici delle piante “nutrite per perfusione” come se si trattasse di un fertilizzante chimico. Se il terreno è lavorato e non ci sono radici vive che possano approfittare di questo apporto di fertilizzante, questi elementi sono lisciviati verso la falda freatica o sono portati via con il ruscellamento, dovuto alle precipitazioni sulle terre nude erose. Ciò provoca sia uno spreco che una contaminazione delle acque sotterranee da nitrati. Il prezzo ecologico di una tale pratica non può più essere ignorato.

Se sotterriamo della biomassa, come dei concimi verdi o del letame, il terreno non sarà capace di digerirla perché la lavorazione avrà distrutto la sua flora intestinale. In queste condizioni, il terreno sviluppa delle patologie che poi trasmetterà alla pianta.

Nel corso della loro vita, le piante rilasciano nella rizosfera circa il 25% dei composti carbonici (zuccheri) che producono nelle loro foglie, grazie alla fotosintesi. Questo trasferimento di energia avviene sotto forma di essudati a livello delle radici vive e per decomposizione delle cellule morte. Questi essudati di radici nutriranno i microrganismi responsabili della mobilizzazione degli elementi nutritivi non accessibili alle piante, al fine di renderli assimilabili da queste. La simbiosi tra le piante e i microrganismi è dunque essenziale ed è importante preservarla.

Vegetazione di copertura del suolo

Pacciamatura verde (viva)

Per la pacciamatura verde cerchiamo piante che coprano il suolo, con una vegetazione bassa, preferibilmente con radici striscianti e appartenenti alla famiglia delle leguminose, per la loro capacità di fissare l’azoto atmosferico e di fornirlo alle piante vicine. Da non confondere con la fertilizzazione verde, dove utilizziamo piante con una produzione importante di biomassa radicale e/o aerea.

Un suolo nudo non esiste in Natura, tranne quello morto dei deserti. Quando si toglie la naturale copertura vegetale, tutto il suolo vivente cerca di proteggersi dall’azione erosiva del vento e della pioggia coprendosi rapidamente di piante pioniere particolarmente resistenti. Mantenere il suolo “pulito” è un’aberrazione di quella parte dell’umanità che ignora il funzionamento della vita del suolo. In un’agricoltura dove ricerchiamo la pace con il suolo, permettiamo ai campi tra una coltura e l’altra di restare coperti, ma anziché lasciare che si stabilizzi una vegetazione spontanea che potrebbe essere competitiva con le nostre colture, la sostituiamo con altre piante, che favoriranno non solo la vita del suolo, ma anche il rendimento e la qualità del raccolto.

La vegetazione che copre il suolo sarà sempre molto bassa, sicuramente inferiore all’altezza della coltura di nostro interesse.

Sarà in grado di fissare l’azoto atmosferico, quindi apparterrà alla famiglia delle leguminose, e avrà un sistema di radici ramificate, sarà ben adattata alle condizioni pedologiche e climatiche locali, perenne o capace di riseminarsi da sé. Dove le condizioni climatiche lo consentono, o dove abbiamo possibilità di una buona irrigazione, il trifoglio bianco nano è la pianta coprisuolo ideale.

Ecco un campione di piante che possono essere utilizzate come coprisuolo:

  • Trifoglio bianco nano (Trifolium repens)
  • Trifoglio sotterraneo (Trifolium subterraneum) per suoli acidi
  • Loto cornicolato (Lotus corniculatus)
  • Lupolia (Medicago lupulina)
  • Trifolium cryptopodium; T. tembense, T. semipilosum
  • Indigofera prostrata hytidocarpa, I. daleoides, I. spicata, I. endecaphylla, I. parisflora, Cassia binensis.
Le piante spontanee

Le piante spontanee sono delle piante ausiliarie che usano i disequilibri del suolo per mobilizzare o elaborare gli elementi nutritivi mancanti, favorendo allo stesso tempo lo sviluppo della vita microbica. In tanti casi se incoraggiamo la loro crescita spontanea tra due colture otterremo gratuitamente un vero concime auto-equilibrato adattato al suolo.

Se il momento in cui le colture hanno bisogno di certi elementi non coincide con quello in cui questi sono disponibili dopo l’aggiunta di fertilizzanti, si avrà una invasione di piante correttrici dette “erbe cattive”.

Piante spontanee ed elementi minerali
piante spontanee ricche di azoto leguminose, ortiche
piante spontanee ricche di calcio euforbiacee, composite (pratolina)
piante spontanee ricche di potassio amaranto, chenopodio, portulaca
piante spontanee ricche di zinco Stellaria media, Setaria lutescens
piante che uccidono le micorrize delle piante coltivate menta, ravanelli, papaveri
piante che creano un micro-clima favorevole alle malattie veronica (ederella), mercuriale (mercorella), mordigallina bianco, senescione
i cardi hanno la capacità di perforare e arieggiare il suolo, di far salire l’umidità profonda dei calcari, di liberare il fosforo, senza nuocere al rendimento a condizione che il suolo non sia troppo coperto
il convolvolo (vilucchio) è un miglioratore di struttura
il mercuriale, il senescione, le diverse mordigallina mantengono la freschezza e proteggono il suolo
le ortiche possono soffocare le piante coltivate, ma recuperano gli eccessi di azoto e portano al suolo ferro e numerosi enzimi.

I concimi verdi

Le concimazioni verdi producono sostanze organiche che si trasformano in humus. È questo humus residuo stabile che funge da garante della capacità produttiva a lungo termine del suolo agricolo. Divenendo humus, i concimi verdi migliorano la struttura del terreno; nel suolo sabbioso l’humus migliora la coesione delle particelle del terreno, mentre nei terreni limosi e argillosi porta a una migliore respirazione, riducendone la pesantezza.

Anche nell’agricoltura tradizionale si usa fare concimazione verde (sovescio). La differenza fondamentale è che in Agricoltura Sinergica le piante non vengono interrate, questo per tre ragioni:

  • l’interramento provoca il blocco totale dei ritmi digestivi del suolo. Il notevole volume, radici e foglie, occupa totalmente i microrganismi. Questo lascia molto poco azoto disponibile nel terreno per le altre piante. Quindi, dopo l’interramento, il terreno rimane nudo per 2 o 3 settimane e deve gestire l’indigestione da noi causata;
  • l’aratura necessaria per l’interramento, rivoltando e mescolando, destruttura gli strati del suolo e provoca la morte in massa dei microrganismi della rizosfera e la mineralizzazione dell’humus, proprio nel momento in cui nessuna pianta è pronta per gustarsi la gran quantità di cibo a disposizione;
  • la pioggia, in questo stadio, porta alla perdita di gran parte dei nutrienti che finiscono per lisciviazione nelle acque sotterranee, o per dilavamento direttamente nei fiumi e nei mari.

L’unico modo per permettere alla terra di utilizzare al meglio la concimazione verde è quello di falciare o anche sminuzzare o triturare e lasciare che si decomponga in loco naturalmente: la parte sotterranea nel suolo e la parte aerea in superficie come se fosse una pacciamatura, un compost di superficie. In questo modo la concimazione verde porta solo benefici senza nessuna controindicazione.

Su un terreno già coperto di vegetazione spontanea, la concimazione verde può essere utile per portare una copertura rapida a protezione del suolo, altrimenti svolto dalle piante pioniere e rustiche, chiamate “erbacce”. Per questa funzione è importante scegliere delle piante a crescita rapida e preferibilmente non appartenenti alla famiglia delle leguminose.

Le piante che fungono da concimazione verde possono essere a ciclo annuale se desideriamo un miglioramento rapido del suolo, poiché i loro sistemi radicali crescono più rapidamente ed esse si sviluppano più velocemente di quelle perenni. Sceglieremo invece queste ultime per fertilizzare stabilmente delle zone. Diversamente, nel terreno in buone condizioni, con una coltura permanente associata a una concimazione verde, sceglieremo piante perenni o piante annuali che di riseminano da sole. La gestione delle potature è fondamentale per mantenere la vitalità delle piante perenni e per semplificare il lavoro con le piante annuali.

Piante perenni

Il periodo di semina dev’essere appropriato al clima della regione. Per il primo anno, lasciamo che le piante concludano il loro ciclo vegetativo, fioritura e maturazione dei semi, senza mai falciare. Subito dopo, procediamo col primo sfalcio e lasciamo coperto il solo. Alcuni semi germineranno e nuove piante ricopriranno il terreno. A partire dal secondo anno, sarà necessario effettuare degli sfalci successivi prima della fioritura e calcolare che l’ultimo sfalcio sia effettuato in tempo utile per permettere alla pianta di completare il suo ciclo vegetativo prima delle gelate. Ciò è fondamentale per favorire la produzione ottimale di biomassa da parte del concime verde.

Le piante perenni accumulano gli elementi nutritivi nelle loro radici dopo la fioritura e durante la maturazione dei semi. Se non permettiamo alla pianta di accumulare queste riserve nutrizionali, essa perderà il suo vigore.

Piante annuali

Se usiamo il concime verde solo temporaneamente, lo falceremo prima della fioritura se desideriamo fare più tagli e falceremo l’ultima volta prima della formazione del seme per prevenire l’autosemina.

Per fare in modo che una pianta annuale riprenda a crescere dopo il taglio, tagliamo sempre prima della fioritura. In questo modo la pianta si riprenderà bene, tenendo presente però che è necessaria dell’acqua, pioggia o irrigazione appena dopo la falciatura. Se vogliamo perpetuare un concime verde annuale, eseguiremo il taglio finale dopo la maturazione dei semi. In questo modo il tutto continuerà senza bisogno di risemina.

Sono tre le famiglie di piante preferibilmente utilizzate come concime verde:

Leguminose Gran parte di queste piante vive in simbiosi con batteri azoto-fissatori formando caratteristici ingrossamenti sulle radici, chiamati noduli o tubercoli. In questo modo l’azoto atmosferico viene trasferito nella terra (circa 150 kg/ha/anno) ed è un importante fattore fertilizzante. Per un buon equilibrio nutrizionale del suolo questa famiglia è spesso usata in combinazione con un’altra famiglia come nella classica consociazione veccia invernale (leguminosa) e segale (graminacea).
Crocifere Le piante del genere Brassica sono originariamente piante pioniere che crescono in terreni poveri di humus, dove altre piante come le leguminose faticherebbero a crescere. Sono piante a crescita rapida e tollerano tutti i tipi di terreni e pH. Alcune specie respingono i nematodi e sono in grado di resistere a siccità e basse temperature.
Graminacee Le graminacee si distinguono dalle altre piante per i loro sistemi radicali senza fittone che permettono loro di garantire un radicamento omogeneo in uno strato profondo 60-70 cm. Sono particolarmente importanti per i terreni soggetti a compattamento e quelli in pendenza poiché ne migliorano la struttura attraverso il loro sistema radicale esteso. Solitamente vengono usate in combinazione con una leguminosa.
Grano saraceno Un’altra pianta utile, anche se meno usata. Della famiglia delle poligonacee, fornisce calcio ai suoli poveri e può essere coltivato su suoli erosi a cui porta rapidi miglioramenti.

Miscele di concimi verdi

Tubercoli radicali prodotti da batteri azotofissatori sulle radici di una leguminosa.

Landsberg
Da seminare in agosto-settembre

  • Loietto italiano 6-8 kg - Veccia invernale 50 kg - Trifoglio incarnato 12-15 kg

J. M. Roger

  • Segale 80 kg - Veccia invernale 30-40 kg - Loietto italiano 10kg
  • Pisello grigio (foraggio invernale) 100-120 kg - Avena invernale 60-70 kg
  • Segale 60 kg - Veccia 40 kg - Colza 2 kg
  • Orzo Row 40-50 kg - Avena invernale 40-50 kg - Veccia 40-50 kg
  • Segale 100 kg - Veccia invernale 80 kg

Muller

  • Veccia 70 kg - Pisello proteico 70 kg - Loietto italiano 10 kg
  • Veccia (o piselli) 80 kg - Loietto italiano 20 kg
  • Veccia 40 kg - Fave 100 kg

Come avviare un orto fertile

Come operare nelle diverse condizioni:

Campo con terra buona occupato precedentemente da un orto biologico Poniamo molta attenzione a calpestare il terreno meno possibile, a piedi o con i mezzi meccanici, e a non fare lavorazioni inutili per non perdere il vantaggio iniziale di un buon terreno fetile.
Campo abbandonato, lavorato precedentemente con l'aratro e trattato con prodotti chimici Una volta fatte le aiuole e prima di cominciare la coltivazione di piante commestibili, dovremo dare una o più coltivazioni di piante annuali per concimazione verde, capaci di metabolizzare i residui tossici che restano a terra. In questo contesto trofico e simbiotico di pulizia, il lombrico è un elemento molto attivo in quanto già da solo concentra e trasforma molti residui tossici.
Campo precedentemente utlizzato per pascolo intensivo In terre calpestate dal poscolo, sarà necessaio un lavoro di scasso prima della preparazione dell'orto.
Campo abbandonato coperto di rovi, cardi, acetosa, erba ciarlatano e cespugli
Sinergico 99a.png
Sinergico 99b.png
L'impiego di maiali e/o galline può rappresentare un valido aiuto per bonificare i terreni dagli apparati radicali di queste piante, difficili da estirpare.
Campo con alberi o radici di alberi tagliati Nel caso ci sia da togliere alberi, per esempio eucalipti, affinché non ributtino nuovamente, li facciamo seccare precedentemente. Se gli alberi da sopprimere sono pini o altre carietà resinose, si possono tagliare senza fare altre (eccetto il pino canario) e in seguto asportare il massimo possibile dalle radici, molto superficiali, dal momento che essudano sostanze inibitorie. Le radici degli alberi appartenenti alla famiglia delle leguminose come la Robinia pseudo-acacia, l'acacia, ecc. si possono lasciare nella terra, perché liberano azoto mentre si decompongono.
Campo eroso, dilavato, con terra povera In questo caso, prima di poter ottenere qualsiasi raccolto, dovremo dar vita a questo suolo creando"la terra". Distrinuiamo resti triturati di cescpugli o di potature, compost, sterco di qualsiasi animale, mischiati con paglia e/o carta (accartocciata) e con segatura già compostata.
Campo in zona umida Provvediamo a circondare il campo con ontani napoletani che, oltre a liberare azoto nella terra come le leguminose, hanno una gran capacità di assorbire acqua.
Campo con molta pendenza Facciamo bancali di differenti larghezze, perpendicolari al pendio e senza nessun passaggio: si tratta di "terrazze".

Siepe tagliavento

Prima di cominciare l'orto sarebbe importante prevedere una siepe tagliavento realizzata con le varietà più idonee al clima e alla pluviometria del luogo.

Se disponiamo di molto spazio, circonderemo l'orto di una fascia di diversi metri di larghezza (minimo due), che oltre a fare da tagliavento sarà un ottimo rifugio per insetti benefici e predatori di parassiti, per il letargo dei ricci e per i nidi degli uccelli.

Passaggi e bancali

La larghezza dei bancali e dei passaggi può variare secondo le esigenze nostre e di chi lavora con noi (bambini, anziani, diversamente abili ecc.).

In Agricoltura Sinergica la coltivazione degli ortaggi si effettua su grandi aiuole rialzate, chiamate anche bancali, che svolgono numerose funzioni, tra cui quella di delimitare i passaggi destinati al movimento dei uomini e mezzi. Questa distinzione netta fra le zone dove si coltiva e quelle dove si cammina ha la funzione fondamentale di evitare il compattamento del terreno coltivato.

Una volta preparata la terra, segniamo con dei paletti e un cordino la disposizione dei bancali e dei passaggi, secondo la forma prescelta.

La forma dei bancali può essere rettilinea, curva o a mandala, purché si rispettino i rapporti tra larghezza e altezza. La larghezza consigliata per i bancali è di 120 cm. Per la lunghezza non ci sono limiti, ma è consigliabile ricavare dei passaggi almeno ogni 4-5 metri. L’altezza varia a seconda della profondità e della qualità della terra che si recupera dai passaggi, fino a un massimo di 30-40 cm, perché altezza maggiori riducono la superficie piana coltivabile.

Quando non si usano mezzi meccanici, la misura consigliata per il passaggio è di 50-80 cm; in caso contrario, la larghezza del bancale e dei passaggi sarà determinata dalle dimensioni del trattore.

Lati o fianchi dei bancali
Orientamento dei bancali.

I bancali presentano due superfici di coltivazione differenti:

  • la zona centrale con una profondità maggiore di suolo
  • i lati, con un’altezza che varia da 15 a 40 cm (se fossero più alti avremmo una zona centrale troppo stretta).

Un’altezza di 30 cm consente un utilizzo ottimale sia della superficie centrale che di quella dei lati, i quali avranno una superficie utile di 40-45 cm di larghezza. Se il terreno è pianeggiante possiamo costruire dei bancali in direzione est/ovest. In questo caso, i lati saranno orientati a nord e sud con microclimi molto diversi.

Le piante coltivate nei lati sono essenzialmente a portamento eretto (verticale) e appartenenti alla famiglia delle liliacee, come aglio, scalogno, cipolla, porro ecc. Questo tipo di vegetali ha la particolarità di diffondere sostanze fungicide, antibatteriche e repellenti per insetti, e svolge così un’azione protettiva per le altre verdure.

Mescoliamo alle liliacee piante a rapida crescita, come lattuga e cicoria, e lasciamo la parte radicale nel terreno. Le colture saranno scaglionate e alternate. Possiamo anche intercalare qualche semina ben distanziata di lenticchie.

Ai bordi, tra la superficie centrale e i lati, seminiamo una fila di legumi, piselli o fagioli, a seconda della stagione. Scegliamoli rampicanti o nani se si desidera o meno ombreggiare le colture nella zona centrale. Le radici delle leguminose vanno a occupare la rizosfera dei lati. Ricordiamoci di tenere sempre i lati ben coperti di pacciamatura, che tende a scivolare spesso nei passaggi.

Piante per i lati: quali scegliere e come orientarle
Aglio orientamento sud/est/ovest
Cicoria tutte le direzioni
Cipollotto tutte le direzioni
Erba cipollina tutte le direzioni (tranne a sud nelle regioni più calde)
Lenticchie tutte le direzioni (a eccezione del nord nelle regioni fredde)
Cipolle orientamento sud/est/ovest/
Porri orientamento nord/est
Ceci tutte le direzioni (a eccezione del nord nelle regioni fredde)

Irrigazione e pacciamatura

Schema dell'impianto di irrigazione sul bancale.

Una volta terminato il bancale installiamo un sistema d’irrigazione a “goccia”

Possiamo utilizzare un tubo di polietilene vergine, in genere nero, che posizioneremo ad anello a 10 cm dal bordo del bancale, sopra il terreno e sotto la pacciamatura, con una o due prese d’acqua o connessioni in ognuno degli estremi del bancale. In genere si usa un T per prendere l’acqua dal tubo principale più grande (detto “dorsale” o “madre”) che la porta a tutti i bancali dell’orto. Con questo sistema d’irrigazione l’acqua esce molto lentamente attraverso piccoli orifizi, permettendole di infiltrarsi molto profondamente nel terreno. In questo modo si utilizza meno acqua e non si generano i problemi che si riscontrano quando si innaffia bagnando la parte aerea delle piante.

I tubi da estendere sopra i bancali devono avere 16 mm di diametro e vanno fissati alla terra con forcine di metallo.

Dopo averli posizionati sul bancale li perforiamo ogni 25-30 cm con un chiodo fine arroventato, facendo attenzione che guardino in basso. Nel nostro sistema i tubi, una volta messi, restano permanentemente sopra la terra. Se il nostro orto è un piccolo orto, con il tubo forato da noi, quando le uscite si tappano il rimedio più semplice è fare un buco a fianco.

Se i bancali sono già pronti, ma mancano i tubi, nell’attesa è meglio coprire subito e proteggere la terra con la pacciamatura.

Perché la pacciamatura?
Impianto di irrigazione.

Grazie all’effetto «tampone termico», la pacciamatura svolge una preziosa azione protettiva, sia nei mesi più caldi, sia durante la stagione più fredda. Pertanto, lo spessore dello strato di pacciamatura andrà adeguato alla stagione e allo stadio dell’orto. In inverno dovrà essere più spessa per conservare calore, evitare i danni delle gelate e proteggere le poche specie di ortaggi che sopravvivono al freddo. In primavera, invece, bisognerà togliere o «aprire» la pacciamatura soltanto negli spazi in cui si semina o si trapianta. Questa procedura si realizza uno o due giorni prima, in modo che il suolo possa scaldarsi e usufruire dei raggi del sole. Più avanti, la pacciamatura dovrà essere tenuta rada e ben arieggiata, finché le piantine non saranno cresciute. Solo quando il calore estivo avrà scaldato il terreno, s’intensificherà la pacciamatura con un buon strato che lo proteggerà dal sole cocente, dall’evaporazione e dalla siccità. In autunno si accelera il processo di decomposizione, per cui la pacciamatura s’integrerà nel terreno costituendo un compost di superficie. Nel frattempo i residui aerei non raccolti delle piante, andranno ad aumentare il manto pacciamante per l’inverno.

La quantità di pacciamatura da usare per coprire il suolo varia in funzione del tipo di materiale utilizzato: una pacciamatura di paglia sarà più spessa, in particolare quando il clima è secco, rispetto a una realizzata con foglie o segatura di legno vecchio. La quantità varia anche in funzione del clima e della stagione.

In generale, la gestione della pacciamatura è la seguente:

  • Nei climi freddi: in primavera, uno o due giorni possiamo rimuovere la pacciamatura dagli spazi in cui intendiamo seminare, in modo che il sole scaldi la terra. In autunno la pacciamatura dovrà essere più spessa, così il terreno manterrà a lungo la temperatura estiva e consentirà alle piante di rimanere attive più a lungo.
  • In climi secchi e molto caldi: più la pacciamatura è spessa, minore sarà la perdita d’acqua attraverso l’evaporazione
  • Se “una zappatura equivale a 2 irrigazioni”, una pacciamatura equivale a 4 irrigazioni.
I materiali per la pacciamatura
Paglia È eccellente perché durante la decomposizione permette lo sviluppo di miceli, che proteggono le piante coltivate. Inoltre la cellulosa in essa contenuta costituisce un alimento o apporto di carbonio per i microrganismi terrestri e favorisce lo sviluppo di batteri benefici per la coltivazione degli ortaggi.
Attenzione a non confodere la paglia con il fieno, che se non è di primo taglio invaderà l'orto di semi e quindi di piante non desiderate.
Sfalci dei prati Possiamo usarli avendo l'accortezza di farli preventivamente seccare. Inoltre, è importante che non siano ricchi di semi maturi.
Canne Oltre alla paglia, dopo averle spezzettate si possno utilizzare anche diverse varietà di canne e piante acquatiche.
Foglie Con la sola eccezione di quelle di eucalipto, che possono inibire lo sviluppo dei microrganismi, si possono urare tutte le foglie.
Alcune restrizioni riguardano anche gli aghi di pino e di altre conifere, utilizzabili esclusivamente per la pacciamatura della fragola o per terreni con un pH molto basico
Le foglie di castagno, noce, quercia e rovere si possono utilizzare anche come pacciamatura, ma solo mischiate a foglie di altri alberi.
Segatura Purché non provenga da legname trattato o incollato. Per evitare che le piante soffrano di carenza d'azoto, è bene utilizzare la segatura fresca come copertura nei passaggi tra le aiuole. In questo modo la segatura subisce una prima decomposizione. Quando, dopo un anno, la segatura diventa scura, la si potrà aggiungere alla pacciamatura dell'aiuola.
Carta e altri materiali Per la copertura si possono usare anche sterpaglie di bosco o di siepi, residui di potatura e di vinificazione triturati, piume d'oca e lana di pecora.
Si può utilizzare persino la carta dei quotidiani tagliata a strisce, dal momento che l'inchiostro dei giornali dei paesi occhidentali non contiene piombo.
Possono tornare utili anche: cartoni, nonostante le colle con cui sono trattati; i materiali di scarto dell'industria tessile, purché siano esclusivamente di origine vegetale o animale.

Tutori permanenti

Dove i tondini si incrociano vengono legati con un filo metallico.

Quando i bancali sono pronti, prima di iniziare la semina installeremo i tutori permanenti che avranno varie funzioni, oltre a quella di servire da supporto alle piante. I tutori permanenti sono archi che s’incrociano al di sopra dei bancali. Per realizzarli, possiamo utilizzare tondini di ferro “ritorto” a uso edile da 12 mm di diametro e di 6 metri di lunghezza. In alternativa è possibile usare anche delle canne di bambù. Vanno conficcati nel terreno ai lati delle aiuole, formando così degli archi. L’altezza dell’arco sarà data dalla distanza tra le punte delle stecche (2 metri di altezza dal piano di passaggio è una buona misura). In ogni punto dove i tondini s’incrociano leghiamo con un filo metallico. Sempre con filo metallico (più) forte uniamo tutti gli archi, da cuspide a cuspide, iniziando dal primo incrocio. Sarà utile unire anche i lati a un’altezza che non disturbi l’accesso alle aiuole. Ai tutori e ai fili metallici appenderemo delle cordicelle in materiale biodegradabile che serviranno da guida alle piante rampicanti, che si avvolgeranno a spirale, e ai pomodori che avvolgeremo man mano che crescono.

La prima semina nei bancali

In Agricoltura Sinergica le piante partecipano attivamente al mantenimento della fertilità del terreno. Le radici vive, che cedono in forma di essudati fino al 25% dei composti carbonici che le foglie hanno fotosintetizzato, permettono la vita e il nutrimento dei batteri e di altri microrganismi benefici. Inoltre la fertilità è accresciuta anche dai residui vegetali morti delle piante, perciò avremo cura di lasciare sulle aiuole, come pacciamatura e compostaggio di superficie, le parti aeree che non usiamo. Le radici vecchie, non estirpate nella raccolta, rappresenteranno per ogni nuova radice un canale in cui aprirsi facilmente una strada e dove trovare, come nutrimento, le precedenti radici in decomposizione. Per questa ragione, quando facciamo una successione di coltivazioni, alterneremo sempre piante che non lasciano, dopo la raccolta, una biomassa sotterranea.

Faremo anche attenzione, nelle successioni, a usare piante di famiglie diverse, per evitare di saturare la rizosfera con lo stesso tipo di radici e bloccare la proliferazione di elementi patogeni (questo vale soprattutto per le crocifere come i cavoli).

La presenza di varie famiglie nella stessa aiuola, in ogni caso, fa sì che non si corra lo stesso pericolo di epidemie come avviene in monocoltura. Nelle aiuole cercheremo sempre di tenere almeno tre famiglie differenti.

Famiglie botaniche
Liliaceae agli, cipolle, porri, erba cipollina, lampascione, scalogno, asparago
Chenopodiacee barbabietole, bietole, spinaci
Composite carciofi, cardi, cicoria, lattuga, scorzonera, topinambur, bardana, dragoncello, girasole, crisantemo, dente di leone
Crocifere tutte le specie di cavoli, senape, ramolaccio, ravanello, ravanello bianco, daikon, rucola, crescione, colza, cavolo marino
Cucurbitacee tutte le specie di zucche, zucchine, cocomeri, cetrioli, meloni
Amarantacee amaranto
Labiate basilico, menta, puleggio (menta romana), origano, salvia, timo, carciofo di Gerusalemme
Leguminose tutte le specie di fagioli, fave, lenticchie, piselli, ceci, arachidi, lupinella, lupini, erba medica, cicerchia
Malvaceae okra o gombo, malva, ibisco
Ombrellifere carote, sedano, prezzemolo, cerfoglio, coriandolo, finocchio, sedano di montagna, pastinaca, sedano equino
Solanacee pomodori, melanzane, peperoni, patate, alchechengi gialli
Borraginacee borragine, consolida
Tropaeolaceae nasturzio
Portulacaceae portulaca, portulaca di Cuba
Ficodaceae spinaci della Nuova Zelanda
Rosaceae fragole, pimpinella
Valerianaceae valerianella da insala, valeriana officinalis
Graminaceae grano, avena, segale, orzo, ais, riso, miglio
Poligonaceae acetosa, grano saraceno, rabarbaro
Convolvulaceae patata dolce americana
Famiglie botaniche
Liliaceae agli, cipolle, porri, erba cipollina, lampascione, scalogno, asparago
Chenopodiacee barbabietole, bietole, spinaci
Composite carciofi, cardi, cicoria, lattuga, scorzonera, topinambur, bardana, dragoncello, girasole, crisantemo, dente di leone
Crocifere tutte le specie di cavoli, senape, ramolaccio, ravanello, ravanello bianco, daikon, rucola, crescione, colza, cavolo marino
Cucurbitacee tutte le specie di zucche, zucchine, cocomeri, cetrioli, meloni
Amarantacee amaranto
Labiate basilico, menta, puleggio (menta romana), origano, salvia, timo, carciofo di Gerusalemme
Leguminose tutte le specie di fagioli, fave, lenticchie, piselli, ceci, arachidi, lupinella, lupini, erba medica, cicerchia
Malvaceae okra o gombo, malva, ibisco
Ombrellifere carote, sedano, prezzemolo, cerfoglio, coriandolo, finocchio, sedano di montagna, pastinaca, sedano equino
Solanacee pomodori, melanzane, peperoni, patate, alchechengi gialli
Borraginacee borragine, consolida
Tropaeolaceae nasturzio
Portulacaceae portulaca, portulaca di Cuba
Ficodaceae spinaci della Nuova Zelanda
Rosaceae fragole, pimpinella
Valerianaceae valerianella da insala, valeriana officinalis
Graminaceae grano, avena, segale, orzo, ais, riso, miglio
Poligonaceae acetosa, grano saraceno, rabarbaro
Convolvulaceae patata dolce americana

Come è risaputo, le piante che appartengono alla famiglia delle leguminose hanno la capacità di fissare l’azoto atmosferico nelle loro radici grazie alla presenza di batteri simbiotici chiamati Rhizobium. Per questo è importante che in ogni bancale ci sia sempre la presenza di qualche varietà appartenente a questa famiglia. L’azoto viene successivamente liberato nel terreno soprattutto alla morte delle radici.

Molte leguminose si possono utilizzare anche come concime verde, però nell’orto sceglieremo quelle commestibili, come i fagioli, le fave e i piselli, che posizioneremo al centro delle aiuole. Queste piante possono fissare fino a 150 Kg di azoto atmosferico per ettaro.

Una nota va fatta per le lenticchie e i ceci. Infatti, sebbene appartengano a questa famiglia, non apportano molto azoto e nemmeno tanta biomassa, e si espandono in larghezza occupando molto spazio tra i bancali. La loro coltivazione sarà più appropriata fuori dall’orto, in pieno campo.

Nei lati delle aiuole privilegeremo le Liliacee, come aglio, cipolle o porri, che grazie alla loro forma longilinea non impediscono l’accesso alla parte centrale dell’aiuola e non sbordano sopra i corridoi. Hanno inoltre proprietà antibatterica e nematocida, e formano una barriera protettiva per le altre coltivazioni. Le pianteremo a zig-zag (quinconce) sfruttando l’altezza dei bordi, e negli spazi vuoti si potrà inserire qualsiasi tipo d’insalata della famiglia delle Composite, dalla lattuga alla cicoria. In questo modo si lascia anche una biomassa di radici nei lati.

Non dimentichiamo, però, che nel tempo è necessario spostare il luogo d’impianto di queste due famiglie, allo scopo di ottimizzare la quantità di biomassa e l’utilizzo della rizosfera nei lati dei bancali. Al momento della raccolta avremo cura di tagliare la parte aerea lasciando le radici interrate.

Nei bordi e soprattutto alle estremità dei bancali pianteremo anche aromatiche e fiori: calendula, tagete e nasturzio saranno da preferire poiché attirano insetti benefici, svolgono una funzione antibatterica e allontanano i nematodi e altri parassiti dagli ortaggi. La presenza dei fiori renderà inoltre l’orto-giardino più piacevole, colorato e profumato.

I lati potranno ospitare anche piante selvatiche perenni, utili e gustose, come la ruchetta, il silene, il finocchietto, la pimpinella e il raperonzolo, piante che comunque andranno controllate poiché essendo autoctone e molto forti tenderanno a prevalere.

La parte piana delle aiuole, oltre alle citate leguminose, conterrà le altre famiglie di ortaggi. Per facilitare l’inizio di questa nuova forma di coltivazione, nella tabella le piante da orto più comunemente coltivate, raggruppate per famiglie.

Cosa coltivare nei bancali

Bancale A - Lati Bancale A - Centro Bancale B - Lati Bancale B - Centro
Anno 1
Primavera-estate
Da febbraio, piantiamo alternati a zig-zag: agli e differenti insalate, cicorie.
In luglio: raccolta aglio e aggiunta cipollotti, a zig-zag ma in posti diversi dall'aglio. Le insalate si raccolgono tagliandole 2-3 cm sopra il colletto, senza sradicarle.
Ogni 1,5 m seminiamo un pugno di piselli rampicanti al limite delle parte piana. Seminiamo carote in linea a 15 cm dal bordo.
Al centro, seminiamo pomodori a zig-zag distanti un 1,5 metri. Intercarliamo i piselli e a partire da marzo/aprile basilico tra le piante dei pomodori.
Seminiamo e trapiantiamo i fiori protettivi (non più di 3 specie diverse): Calendula officinalis; Tagetes erecta e Tagetes papula; Tropaeolum; piretro.
Come per il bancale A. Invece di aglio, porri e/o cipolle da febbraio. Evitare eccessi di scalogno perché la sua raccolta rovina la struttura del bancale. In linea e a 15 cm dal bordo seminiamo spinaci.
Nel centro, a zig-zag cavolo estivo intercalato con fave.
Anche in questo bancale, fiori protettivi.
Estate-autunno
Nuovi trapianti di insalata man mano che si consuma fin quanto non fa troppo caldo. Successivamente piantare piante come senape. Al ritorno del fresco nuovamente insalata protetta dalla senape che conclude il suo ciclo.
Dove porri o cipolle, piantare aglio e viceversa, ma in posizioni diverse.
Raccolte le carote, semina o trapianto di fagioli rampicanti e, sulla stessa linea, intercalando, delle bietole.
Finiti i pomodori, tagliare le piante e lasciarle sul suolo. Qui trapiantare sedano.
Finiti i fagioli, seminare fave.
Dove porri o cipolle, piantare aglio e viceversa, ma in posizioni diverse. Dove spinaci, semina di cavoli navoni e, nei bordi, fagioli rampicanti distanziati 2 m tra loro.
Alla raccolta, i cavoli non si strappano ma si tagliano sopre le due foglie basali. Seminare borragine e, prima del termine della raccolta di fagioli, piselli rampicanti (tra la borragine) a postarelle.
Anno 2
Autunno-inverno-primavera
Prima e durante raccogliamo le fave (che alla fine taglieremo lasciandole come pacciamatura), seminiamo la lastinaca e trapiantiamo tra il sedano e i pomodori, a zig-zag, come nel primo anno.
Ai pomodori piace crescere nello stesso luogo. In loro prossimità e verso i bordi dei bancali pianteremo il basilico. A postarelle, fagioli rampicanti in tutti gli spazi vuoti, guidandoli fino agli archi con le cordicelle.
Nella linea dei navoni, seminare fave. La borragine andrà avanti sino a primavera. Se sopravvivono sotto l'ombra delle zucche o zucchine seminati all'arrivo della primavera, si lasceranno terminare il ciclo o taglieranno al livello del suolo, lasciando sempre alcune piante vive affinché si riseminimo o per raccogliere il seme. Quando saranno terminati i piselli, avremo già seminato i fagiolini rampicanti.
Primavera-estate-autunno
Le piante seminate o piantate in primavera rimarranno per tutta l'estate; alcune, come la pastinaca, possono restare anche in autunno. Terminata la raccolta di pomodori e basilico metteremo cavoli e piselli rampicanti. Dove abbiamo raccolto la pastinaca, seminiamo l'amaranto. Nella linea dove erano le fave, una volta tagliate, seminiamo i gambi di barbabietola. Le zucche saranno accompagnate da fagioli rampicanti fino all'autunno. Terminata questa raccolta, seminiamo spinaci e fave. Gli spinaci, se si raccolgono solo le foglie esterne senza tagliare il gambo, seguitano a produrre tutto l'inverno.
Anno 3
Autunno-inverno-primavera
I cavoli sono in produzione in autunno e inverno, fino alla primavera. In quest'ultima stagione seminiamo i fagioli dove non ci sono i piselli. Mettiamo di nuovo i pomodori e il basilico, e in parallelo alla line dove c'era l'amaranto, seminiamo gli scalogni. Le barbabietole, gli spinaci e le fave occupano il bancale fino alla primavera. Seminiamo o trapiantiamo bietole nella lina dove c'erano le barbabietole. Nel resto del bancale seminiamo mais (si rimanda alla personale sperimentazione per l'effettiva idoneità) e fagioli rampicanti.
Primavera-estate-autunno
Pomofori, fagioli e basilico occupano il bancale sino all'autunno, ma in luglio si può seminare il ravanello nero e rosso (grande) invernale, in posti diversi di quelli dove c'era stato lo scalogno. Finito il ciclo delle altre, prima di tagliarle, seminiamo le fave. Dove si può, man mano che si raccoglie, seminiamo gli spinaci, che possono passare tutto l'inverno in produzione sino alla primavera del quarto anno. Il mais e i fagioli rimangono nel bancale fino all'autunno. Seminiamo i piselli dove c'era il mais, lasciando il gambo tagliato nella terra. Seminiamo carote dove rimane spazio, lasciando le bietole dove sono fino alla primavera del quarto anno.

Semina e trapianto

Semi ponti per la semina naturale con palline di argilla al Centro di Agricoltura Naturale di Edessa, Grecia.

Nell’orto, numerose piante andranno spontaneamente in fiore riseminandosi da sole. Possiamo lasciare queste piante là dove si trovano, oppure trapiantarle in un posto che ci conviene di più. Per ottenere la stessa varietà di quella seminata precedentemente bisognerà tener conto del tipo di riproduzione della pianta: autogama o allogama.

La pianta autogama si autofertilizza: il polline di un fiore feconda gli ovuli dello stesso fiore. Le piante che fanno parte di questa categoria rimangono fedeli a se stesse, non subiscono incroci se non in una percentuale molto bassa (massimo 5%) e di conseguenza è facile raccogliere semi identici alla pianta madre, senza dover intervenire. Sono i semi più facili da riprodurre in quanto c’è poco rischio di avere problemi di ibridazione. Invece, le piante allogame, a fecondazione incrociata, bisogna badare che il polline che riceverà il fiore femmina sia della stessa specie e anche della stessa varietà, in modo da mantenerle fedeli a se stesse.

Per questo vi è la necessità di conservare almeno due esemplari di «porta-semi» (le piante più belle e più sane) degli ortaggi allogami, in modo da evitare l’auto-fecondazione e da ottenere, per la diversità della fecondazione incrociata, dei semi ottimali.

Piante prevalentemente autogame Piante prevalentemente allogame
Peperone, melenzana, ponodoro, patata Cavolo, ravanello, senape
Fagiolo, pisello, fava, cece Bietola da zucchero, bietola da costa, bietola da foraggio bianca, gialla e rossa, bietola rossa da orto
Lattuga Carote
Avena, riso, orzo, frumento tenero, frumento duro Cipolle, porro
Cetriolo, zucchine, anguria, melone, zucca
Cicoria, rapap, barbabietole
Sedano, carciofo, prezzemolo, spinacio, fragola, asparago
Segale, mais

Semina

Al momento di seminare poniamo attenzione alle condizioni della terra: che sia umida, ma non bagnata, non sia troppo fredda o troppo calda, né troppo compattata.

Profondità della semina

Temperature minime di germinazione di alcuni ortaggi
A partire da 5° C barbabietola, carota, cavolo cinese, piselli
A partire da 7° C fava, broccoli
A partire da 10° C bietole, sedano, cipolla, cipollina, cipollotti, cavoletti di Bruxelles, cavolfiori, lattughe, prezzemolo, porri
A partire da 13° C crescione, carciofi, ravanelli, soia
A partire da 15° C cavolo rapa, cavolo verza, spinaci, dente di leone, patate, rafano piccante, scorzonera
A partire da 16° C cicoria, fragole
A partire da 17° C cardi, zucchine
A partire da 20° C peperoni, zucche, fagioli, peperoncino, cetriolo, girasole
A partire da 25° C melenzana, meloni, mais, anguria, pomodori

I semi piccolissimi come quelli di acetosa, lattuga, carote devono essere leggermente ricoperti di terra fine o terriccio setacciato (2-3 mm), in particolare quando il suolo non è ben sbriciolato, perché i semi hanno difficoltà a germogliare attraverso le zolle. Con il suo colore scuro, il terriccio contribuisce anche al riscaldamento del suolo, cosa particolarmente benefica soprattutto in primavera e in autunno. Contribuisce inoltre a mantenere l’umidità della semina, evitando le crepe dovute al calore. Possiamo anche mischiare le piccole sementi con un po’ di sabbia per distribuirle in modo omogeneo.

I semi un po’ più grandi (radicchio, bietola, spinacio, tetragonia o spinacio neozelandese) saranno seminati a 1 cm di profondità.

I semi di piselli a 3-4 cm di profondità. Quelli di fagioli e fave al massimo a 4 cm. In effetti, più i semi sono fini, meno devono essere sotterrati. Per semplificare diciamo che vanno posti a una profondità pari a 2 o 3 volte la loro grandezza.

Ricopriamo la semina con una leggera pacciamatura per proteggerla dal sole, in modo da evitare l’indurimento del suolo causato dall’urto delle gocce di pioggia e per mantenere l’umidità. I semi germoglieranno e cresceranno facilmente.

Una pacciamatura di paglia, con il suo colore chiaro, particolarmente benefico d’estate o durante i periodi caldi, impedirà il riscaldamento eccessivo del semenzaio.

Semina in corbe, cassette o vasi

Posizioniamo nel fondo della cassetta 1-2 cm di ghiaia, quindi riempiamo di terriccio o di compost maturo, seminiamo, ricopriamo con 2 o 3 mm di terriccio e pressiamo delicatamente. Possiamo coprire la semina con plastica o vetro per produrre un “effetto serra”.

Semina a spaglio

Spargiamo i semi senza alcun ordine su tutta la superficie da seminare e li ricopriamo di terra pressandoli leggermente con le mani, con un rullo o un rastrello.

Semina sul posto

Alcune piante, come quelle a radice (carote, radicchio, scorzonera), è indispensabile che vengano seminate sul posto, perché un trapianto danneggerebbe troppo il loro apparato radicale.

Semina in solchi, file o linee

Questa semina consiste nello spargere dei semi in linee, in piccoli solchi scavati in anticipo. Misuriamo la distanza che vogliamo fra le file (15, 20, 30 cm a seconda delle specie) e segniamo la posizione. Tendiamo una cordicella nel senso della lunghezza della bordura e con un bastone scaviamo un solco profondo da 1 a 3 cm, tenendoci distanti 1 cm dalla cordicella. Effettuiamo dunque la semina lasciando scivolare i semi dalle mani, muovendo il pollice e l’indice per facilitare la caduta. Ricopriamo i semi facendo ricadere una parte della terra rimossa dallo scavo.

Semina in buca o a postarelle

La semina in buca è utilizzata per i semi grossi come fave, fagioli, piselli, cetrioli. Consiste nel depositare da 3 a 6 semi nel fondo di piccole buche (o postarelle) scavate con il cucchiaio, che ricopriremo con della terra.

Produzione e raccolta dei semi

Pagina principale: Manuale per salvare i semi dell'orto e la biodiversità - Michel e Jude Fanton

Non è sempre facile determinare il momento migliore per fare la raccolta dei semi delle varie piante. Se li raccogliamo troppo presto, potrebbero non essere ancora maturi, ma se attendiamo troppo alcune piante potrebbero “esplodere” spargendoli dappertutto. In ogni caso il momento migliore durante la giornata è quando il sole ha asciugato le piante dalla rugiada, dalla pioggia o dalla brina. Prestiamo anche molta attenzione a catalogare e collezionare in modo preciso i semi per evitare il rischio di mescolarli.

Prima di chiuderli in recipienti ermetici, i semi devono aver raggiunto un grado di umidità molto basso, possiamo lasciarli asciugare lentamente sotto il calore di una lampada mantenendo una temperatura intorno ai 32° C. Se la temperatura supera i 43° C, i semi si danneggeranno. Un altro modo di essiccarli è con il gel di silice: mettiamo in un barattolo a chiusura ermetica la stessa quantità di gel e di semi racchiusi in sacchetti di tessuto o di carta, a seconda della grandezza dei semi li lasciamo da otto a sedici giorni; quando li togliamo dal gel di silicio, li mettiamo immediatamente nei loro recipienti di conservazione per evitare che possano riassorbire l’umidità dell’ambiente.

Se viviamo in una zona con clima secco sarà sufficiente lasciare seccare i semi per una settimana in un luogo arieggiato e ombreggiato, mettendo i semi su della carta di giornale, che possiamo cambiare nel caso si inumidisca.

Per assicurarci che i semi siano ben secchi, proviamo a spezzarli: se si piegano, vuol dire che c’è ancora troppa umidità.

La spirale delle erbe aromatiche

È una costruzione in pietra a secco, ma in mancanza di pietre possiamo utilizzare mattoni o blocchetti di tufo.

La forma a spirale contribuisce a creare differenti microclimi e offre la possibilità di differenti esposizioni al sole.

Le pietre accumulano calore e captano umidità. Anche in questo impianto, naturalmente, teniamo la terra pacciamata. Alla base della costruzione, creiamo un piccolo stagno per favorire la vita della fauna (rane, farfalle, api, insetti), ma curiamo che risulti poco esposto al sole.

Nella parte alta della spirale delle erbe la terra rimane più secca: possiamo quindi piantare lavanda, rosmarino, origano, salvia; più in basso, invece, la terra trattiene maggiore umidità, perciò possiamo piantare menta, prezzemolo, ruta, basilico, camomilla. Il passaggio pedonale intorno alla spirale può essere pacciamato con pietre o scaglie di legno. Dimensioni: il diametro è di circa 2 metri, l’altezza è di massimo 1,30 m.

Materiali per la costruzione:

Spirale orto.png
  • ¼ di metro cubo di ghiaia (da sistemare nella parte bassa della spirale con funzione drenante)
  • stessa quantità di sabbia (se la terra utilizzata è molto argillosa)
  • un telo impermeabile per il fondo
  • pietre naturali.

Piano della spirale

  1. Lavanda
  2. Salvia
  3. Timo e rosmarino
  4. Dragoncello e levistico
  5. Artemisia e apserello
  6. Cipolla e cerfoglio
  7. Cumino e salvastrella
  8. Borragine e melissa
  9. Aneto e portulaca
  10. Origano e basilico
  11. Menta e ruta
  12. Crescione d'acqua e acetosella

Inoltre il prezzemolo, il nasturzio sul bordo dello stagno ed altro che si ritenga adatto.

Intorno all'orto

Il compost