La Repubblica - Il Golfo perde la corrente
Elena Dusi
13 aprile 2018
L'ALTRA PAGINA
Per due ricerche pubblicate su Nature la velocità dell’acqua è calata del 15%
La causa? I ghiacci artici che si sciolgono
E possono provocare uno scenario da
“Day after tomorrow” con il Nordeuropa nella morsa del gelo
l’Atlantico sarà uno stagno
È un oceano, ma potrebbe diventare uno stagno. L’Atlantico sta perdendo vigore. La corrente che parte dai Tropici e porta tepore fino alla Gran Bretagna ha perso il 15% della sua forza. La velocità dell’acqua è passata in alcuni punti da 14 a 12 centimetri al secondo. La portata si è ridotta di tre miliardi di litri all’ora: quasi una volta e mezza le cascate del Niagara.
Due studi indipendenti pubblicati su Nature (frutto del lavoro di Istituto Potsdam per il cambiamento climatico, University College London e Woods Hole Oceanographic Institution) concordano su questi dati. Arrivano però a conclusioni diverse per quanto riguarda l’inizio del fenomeno. Un primo studio sostiene che l’anemia dell’Atlantico non è mai stata così acuta da 1.600 anni a questa parte, ma è insorta intorno al 1850. Troppo presto per poter essere imputata all’uomo. Il secondo osserva invece un rallentamento della corrente a partire dalla metà del secolo scorso: in piena epoca di emissioni di gas serra.
Non è detto che le due conclusioni siano in contraddizione. Potrebbe trattarsi di effetti diversi che si sommano. E tre indizi potrebbero davvero rappresentare una prova, se si tiene conto anche delle osservazioni degli anni scorsi, che nell’ambito del progetto internazionale Rapid hanno misurato direttamente, usando delle boe, la perdita di vigore delle correnti atlantiche. I loro dati hanno ispirato uno scenario da fiction come quello di The day after tomorrow, un film del 2004 che mostrava la Statua della Libertà coperta dalla neve proprio per l’esaurimento della circolazione atlantica. «Gli oceani sono come gli elefanti» spiega Marco Tedesco, glaciologo del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University e ricercatore del centro Nasa Giss a New York. «Riflettono i cambiamenti del clima di lungo periodo e li trasmettono all’atmosfera, modificando il nostro clima. La Terra infatti è un sistema fortemente connesso». Liberty in realtà se la passa ancora bene, ma lungo la costa orientale degli Stati Uniti nelle ceste dei pescatori calano i merluzzi e aumentano le aragoste. Oltre a infiacchirsi, infatti, la Corrente Atlantica cambia anche percorso, restando più a lungo aderente alla costa Usa anziché virare verso est subito dopo essere uscita dal Golfo del Messico e dirigersi sulle coste inglesi, regalando circa 5 gradi in più al suo clima invernale.
Il risultato è che le temperature dei mari aumentano più della media nei pressi del Golfo e restano invece fredde nell’Atlantico del Nord. Ma se c’è una cosa che mette tutti d’accordo è la causa del rallentamento: lo scioglimento dei ghiacci al Polo Nord e in Groenlandia. Riversare acqua dolce nell’Atlantico del Nord è come erigere una barriera per bloccare il passo alla corrente tiepida. Naturalmente, infatti, l’acqua calda che dai Tropici viaggia verso il Nord Europa diventa più fredda e quindi pesante all’altezza della Groenlandia, si inabissa e torna verso sud viaggiando in profondità. L’acqua dolce, che è più leggera, fatica a scendere, inceppando il meccanismo.
Le conseguenze non c’è bisogno di prevederle. Abbiamo iniziato già ad assaggiarle. Uno studio europeo pubblicato a marzo e basato in parte sui dati della compagnia assicuratrice Munich Re calcola che negli ultimi dieci anni, nel nostro continente, alluvioni e temporali disastrosi sono aumentati del 50%. Contemporaneamente, gli inverni europei sono diventati più rigidi e nevosi. Una delle cause, conferma oggi Nature, potrebbe essere proprio la perdita dell’“effetto coperta” della Corrente del Golfo.
l’Atlantico sarà uno stagno
È un oceano, ma potrebbe diventare uno stagno. L’Atlantico sta perdendo vigore. La corrente che parte dai Tropici e porta tepore fino alla Gran Bretagna ha perso il 15% della sua forza. La velocità dell’acqua è passata in alcuni punti da 14 a 12 centimetri al secondo. La portata si è ridotta di tre miliardi di litri all’ora: quasi una volta e mezza le cascate del Niagara.
L'ALTRA PAGINA
Per due ricerche pubblicate su Nature la velocità dell’acqua è calata del 15%
La causa? I ghiacci artici che si sciolgono
E possono provocare uno scenario da
“Day after tomorrow” con il Nordeuropa nella morsa del gelo
Due studi indipendenti pubblicati su Nature (frutto del lavoro di Istituto Potsdam per il cambiamento climatico, University College London e Woods Hole Oceanographic Institution) concordano su questi dati. Arrivano però a conclusioni diverse per quanto riguarda l’inizio del fenomeno. Un primo studio sostiene che l’anemia dell’Atlantico non è mai stata così acuta da 1.600 anni a questa parte, ma è insorta intorno al 1850. Troppo presto per poter essere imputata all’uomo. Il secondo osserva invece un rallentamento della corrente a partire dalla metà del secolo scorso: in piena epoca di emissioni di gas serra.
Non è detto che le due conclusioni siano in contraddizione. Potrebbe trattarsi di effetti diversi che si sommano. E tre indizi potrebbero davvero rappresentare una prova, se si tiene conto anche delle osservazioni degli anni scorsi, che nell’ambito del progetto internazionale Rapid hanno misurato direttamente, usando delle boe, la perdita di vigore delle correnti atlantiche. I loro dati hanno ispirato uno scenario da fiction come quello di The day after tomorrow, un film del 2004 che mostrava la Statua della Libertà coperta dalla neve proprio per l’esaurimento della circolazione atlantica. «Gli oceani sono come gli elefanti» spiega Marco Tedesco, glaciologo del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University e ricercatore del centro Nasa Giss a New York. «Riflettono i cambiamenti del clima di lungo periodo e li trasmettono all’atmosfera, modificando il nostro clima. La Terra infatti è un sistema fortemente connesso». Liberty in realtà se la passa ancora bene, ma lungo la costa orientale degli Stati Uniti nelle ceste dei pescatori calano i merluzzi e aumentano le aragoste. Oltre a infiacchirsi, infatti, la Corrente Atlantica cambia anche percorso, restando più a lungo aderente alla costa Usa anziché virare verso est subito dopo essere uscita dal Golfo del Messico e dirigersi sulle coste inglesi, regalando circa 5 gradi in più al suo clima invernale.
Il risultato è che le temperature dei mari aumentano più della media nei pressi del Golfo e restano invece fredde nell’Atlantico del Nord. Ma se c’è una cosa che mette tutti d’accordo è la causa del rallentamento: lo scioglimento dei ghiacci al Polo Nord e in Groenlandia. Riversare acqua dolce nell’Atlantico del Nord è come erigere una barriera per bloccare il passo alla corrente tiepida. Naturalmente, infatti, l’acqua calda che dai Tropici viaggia verso il Nord Europa diventa più fredda e quindi pesante all’altezza della Groenlandia, si inabissa e torna verso sud viaggiando in profondità. L’acqua dolce, che è più leggera, fatica a scendere, inceppando il meccanismo.
Le conseguenze non c’è bisogno di prevederle. Abbiamo iniziato già ad assaggiarle. Uno studio europeo pubblicato a marzo e basato in parte sui dati della compagnia assicuratrice Munich Re calcola che negli ultimi dieci anni, nel nostro continente, alluvioni e temporali disastrosi sono aumentati del 50%. Contemporaneamente, gli inverni europei sono diventati più rigidi e nevosi. Una delle cause, conferma oggi Nature, potrebbe essere proprio la perdita dell’“effetto coperta” della Corrente del Golfo.