Ernst Jünger

Da Sotto le querce.
« Il motto del Ribelle è: “Hic et nunc” – essendo il Ribelle uomo d’azione, azione libera e indipendente.
Il Ribelle è il singolo, l’uomo concreto che agisce nel caso concreto. Per sapere che cosa sia giusto, non gli servono teorie, né leggi escogitate da qualche giurista di partito. Il Ribelle attinge alle fonti della moralità ancora non disperse nei canali delle istituzioni. »

Ernst Jünger (Heidelberg, 29 marzo 1895 – Riedlingen, 17 febbraio 1998) è stato uno scrittore e filosofo, figura complessa della intellettualità tedesca del XX secolo.
Ernst Jünger (Heidelberg, 29 marzo 1895 – Riedlingen, 17 febbraio 1998) è stato uno scrittore e filosofo, figura complessa della intellettualità tedesca del XX secolo.

Trattato del ribelle

1951

Junger ribelle.jpg

incipitPassare al bosco: dietro questa espressione non si nasconde un idillio. Il lettore si prepari piuttosto a un’escursione perigliosa, non solo fuori dei sentieri tracciati, ma oltre gli stessi confini della meditazione.

Tratteremo qui di una questione cruciale del nostro tempo, ossia di una questione che comporta comunque dei rischi. È vero, parliamo spesso di questioni, come hanno fatto i nostri padri e i nostri nonni prima di noi. Ma da allora si è com’è ovvio profondamente modificato ciò che in questo particolare senso chiamiamo questione. Ne siamo sufficientemente consapevoli?

incipitPassare al bosco: dietro questa espressione non si nasconde un idillio. Il lettore si prepari piuttosto a un’escursione perigliosa, non solo fuori dei sentieri tracciati, ma oltre gli stessi confini della meditazione.

Tratteremo qui di una questione cruciale del nostro tempo, ossia di una questione che comporta comunque dei rischi. È vero, parliamo spesso di questioni, come hanno fatto i nostri padri e i nostri nonni prima di noi. Ma da allora si è com’è ovvio profondamente modificato ciò che in questo particolare senso chiamiamo questione. Ne siamo sufficientemente consapevoli?

4

E poiché già da tempo, con sempre maggiore spensieratezza, si va celebrando il culto della maggioranza, il due per cento viene trascurato. Il suo ruolo è, al contrario, quello di rendere visibile e schiacciante la maggioranza, la quale non esisterebbe più se raggiungesse il cento per cento dei voti.

6

Ci imbattiamo qui in una vera e propria forma di resistenza, anche se si tratta di una resistenza che ancora non conosce la propria forza né il modo in cui questa forza dev’essere usata.


Dunque nel segnare il suo «no», unico tra cento, ha semplicemente fornito il suo contributo a una statistica ufficiale. Correndo un rischio personale incomparabilmente grande, ha consegnato nelle mani del nemico i dati di cui quest’ultimo aveva bisogno. Il cento per cento dei suffragi sarebbe stato ben più preoccupante.

9

L’autore di quell’unico «no» ancora non può dirsi un Ribelle. Dal punto di vista storico, egli è anzi in ritardo, come dimostra anche la sua negazione. Solo se domina la partita dall’alto, potrà compiere mosse originali, forse addirittura sorprendenti.


E non c’è dubbio che il nostro elettore, oltre a essere in grado di formarsi un’opinione autonoma, sa come difenderla. Dobbiamo quindi concedergli anche la virtù del coraggio. È qui che dobbiamo cercare se vogliamo trovare quei singoli che, nei periodi, magari anche lunghi, di puro dominio della forza, pur con notevole sacrificio personale conservano la nozione del diritto. Anche quando tacciono, sono scogli sommersi intorno ai quali le acque continuano ad agitarsi. Essi dimostrano infatti che una forza predominante, se pure riesce a modificare il corso della storia, non può creare diritto.

11

Le catastrofi provano fino a quale profondità uomini e popoli sono radicati nel terreno originario. È importante che almeno un fascio di radici attinga ancora direttamente a quel terreno – poiché è da questo che dipendono la salute e le prospettive di sopravvivenza anche oltre la civiltà e le sue rassicurazioni.

Tutto questo appare evidente nei periodi in cui si addensa la minaccia, quando gli apparati non soltanto abbandonano l'essere umano a se stesso, ma sembrano addirittura precludergli ogni via di scampo. A quel punto sta a lui decidere se darsi per vinto o continuare la lotta attingendo alle sue risorse più profonde. Nel qual caso deciderà di passare al bosco.

12

Ribelle è dunque colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell’intenzione di contrapporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo.

14

Inoltre è bene sapere che la paura non si lascia sconfiggere una volta per tutte. Né ciò consentirebbe di spezzare la catena dell’automatismo, anzi gli spalancherebbe le porte ai più intimi recessi dell’uomo. L’uomo che cerca consiglio in se stesso, trova ogni volta nella paura il proprio interlocutore privilegiato; sennonché la paura punta a trasformare il dialogo in monologo: soltanto qui infatti riesce a conservare l’ultima parola.

Se invece la paura viene costretta al dialogo, l’uomo può a sua volta prendere la parola. Cadrà così la sensazione di accerchiamento e, oltre a quella dell’automatismo, comparirà un’altra soluzione. D’ora innanzi, insomma, ci sono due vie, o, per dire la stessa cosa con parole diverse, si è ristabilita la libertà di decidere.

16

Il Ribelle, dunque, deve possedere due qualità. Non si lascia imporre la legge da nessuna forma di potere superiore né con i mezzi della propaganda né con la forza. Il Ribelle inoltre è molto determinato a difendersi non soltanto usando tecniche e idee del suo tempo, ma anche mantenendo vivo il contatto con quei poteri che, superiori alle forze temporali, non si esauriscono mai in puro movimento. A queste condizioni, potrà affrontare il rischio del passaggio al bosco.

17

L’uomo che riesce a penetrare nelle segrete dell’essere, anche solo per un fuggevole istante, acquisterà sicurezza: l’ordine temporale non soltanto perderà il suo aspetto minaccioso, ma gli apparirà dotato di senso.

18

La resistenza richiede grandi sacrifici: il che spiega anche perché la maggior parte delle persone scelga la costrizione. Ma la storia autentica può essere fatta soltanto da uomini liberi. La storia è l’impronta che l’uomo libero dà al destino. In questo senso possiamo dire che l’uomo libero agisce in nome di tutti: il suo sacrificio vale anche per gli altri.

26

Il motto del Ribelle è: «Hic et nunc» – essendo il Ribelle uomo d’azione, azione libera e indipendente. Abbiamo constatato che questa tipologia può comprendere solo una frazione delle masse, e tuttavia è qui che si forma la piccola élite capace di resistere all’automatismo e di far fallire l’esercizio della forza bruta. È l'antica libertà in veste moderna: la libertà sostanziale, elementare, che si ridesta nei popoli sani ogniqualvolta la tirannide dei partiti o dei conquistatori stranieri opprime il paese. Non è una libertà che si limita a protestare o emigrare: è una libertà decisa alla lotta.

È questa una distinzione che si ripercuote nell’ambito della fede. Al Ribelle non è permessa l’indifferenza, essendo essa il segno di un’epoca passata, al pari della neutralità dei piccoli Stati o della reclusione in fortezza per delitti politici. Il passaggio al bosco induce a decisioni più gravi. Compito del Ribelle è definire la misura di una libertà che sia valida per un’epoca futura a dispetto del Leviatano. Di quell'avversario non può aver ragione con semplici argomentazioni concettuali.

La resistenza del Ribelle è assoluta, non conosce neutralità, né remissione, né reclusione in fortezza. Il Ribelle non si aspetta che il nemico accetti i suoi ragionamenti né, tanto meno, che si comporti secondo le regole della cavalleria. Oltretutto egli sa che, per quanto lo riguarda, la pena di morte non verrà sospesa. Il Ribelle conosce una nuova solitudine introdotta dalla malvagità che si è accresciuta in modo satanico non a caso l’alleanza di questa con la scienza e con la meccanica, pur non introducendo alcun elemento nuovo, ha dato origine a diversi nuovi fenomeni storici.

28

La violazione del diritto assume talvolta apparenza di legalità, per esempio quando il partito al potere si assicura una maggioranza favorevole a modificare la Costituzione. La maggioranza può contemporaneamente agire nella legalità e produrre illegalità: le menti semplici non afferreranno mai questa contraddizione. Eppure, già nelle votazioni, molto spesso è difficile stabilire l’esatto confine tra diritto e arbitrio.

29

Per quel che riguarda il luogo, il bosco è dappertutto: in zone disabitate e nelle città, dove il Ribelle vive nascosto oppure si maschera dietro il paravento di una professione. Il bosco è nel deserto, il bosco è nella macchia. Il bosco è in patria e in ogni luogo dove il Ribelle possa praticare la resistenza. Ma il bosco è soprattutto nelle retrovie del nemico stesso. Il Ribelle non si lascia abbagliare dall’illusione ottica che vede in ogni aggressore un nemico della patria. Egli conosce bene i campi di lavoro forzato, i nascondigli degli oppressi, le minoranze in attesa che scocchi l’ora fatale. Conduce la sua guerriglia lungo i binari e le vie di rifornimento, minaccia ponti, cavi e depositi. La sua presenza obbliga a sparpagliare le truppe di copertura, a moltiplicare le postazioni. Il Ribelle organizza la rete di informazioni, il sabotaggio, la diffusione delle notizie tra la popolazione. E si ritrae nelle zone impervie e nell’anonimato per riapparire non appena il nemico dia segni di cedimento. Egli diffonde una continua agitazione, provoca il panico notturno. Può addirittura paralizzare interi eserciti, come è avvenuto con l'armata napoleonica in Spagna.

30

Quando tutte le istituzioni divengono equivoche o addirittura sospette, e persino nelle chiese si sente pregare ad alta voce non per i perseguitati bensì per i persecutori, la responsabilità morale passa nelle mani del singolo, o meglio del singolo che ancora non si è piegato.

Il Ribelle è il singolo, l’uomo concreto che agisce nel caso concreto. Per sapere che cosa sia giusto, non gli servono teorie, né leggi escogitate da qualche giurista di partito. Il Ribelle attinge alle fonti della moralità ancora non disperse nei canali delle istituzioni. Qui, purché in lui sopravviva qualche purezza, tutto diventa semplice. Abbiamo visto che la grande esperienza del bosco è l’incontro con il proprio io, con il nucleo inviolabile, l’essenza di cui si nutre il fenomeno temporale e individuale. Anche sul piano morale, questo incontro così importante sia nel guarire sia nel fugare la paura ha un valore altissimo. Porta verso quello strato sul quale poggia l’intera vita sociale e che sin dalle origini è sotteso a ogni comunità. E verso quell'essere umano che costituisce il fondamento di ogni elemento individuale e da cui s’irradiano le individuazioni. In questa zona non ritroviamo soltanto la comunanza: qui c’è l’identità. È questo che si profila nel simbolo dell’abbraccio. L’io si riconosce nell’altro – secondo la formula antichissima: «Tu sei quello!». L’altro può essere la persona amata, e anche il fratello, il dolente, lo sprovveduto. L’io che gli porge aiuto s’innalza nell'imperituro. Qui si consolida la struttura che è a fondamento del mondo.

31

Il vero problema è piuttosto che una grande maggioranza non vuole la libertà, anzi ne ha paura. Bisogna essere liberi per volerlo diventare, poiché la libertà è esistenza – soprattutto è un accordo consapevole con l’esistenza, è la voglia – sentita come destino – di realizzarla. Allora l’uomo è libero e questo mondo, proliferante di tirannie e di tiranni, da quel momento in poi deve servire a rendere visibile la libertà in tutto il suo fulgore – come le grandi masse delle rocce primitive che con la loro stessa pressione producono i cristalli.

La nuova libertà è quella antica, assoluta, che riappare nella veste del tempo; farla trionfare sempre, eludendo le astuzie dello spirito del tempo: questo è il senso del mondo storico.