Pierre-Joseph Proudhon

Da Sotto le querce.
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« [Quanto all’anarchia], ho inteso indicare con questo termine il limite estremo del progresso politico. »
Pierre-Joseph Proudhon (Besançon, 15 gennaio 1809 – Passy, 19 gennaio 1865) è stato un filosofo, sociologo, economista e anarchico francese. È stato il primo ad attribuire un significato positivo alla parola "anarchia", che prima era utilizzata soltanto in senso dispregiativo, cioè nel senso di caos, disordine (perfino da William Godwin).
Pierre-Joseph Proudhon (Besançon, 15 gennaio 1809 – Passy, 19 gennaio 1865) è stato un filosofo, sociologo, economista e anarchico francese. È stato il primo ad attribuire un significato positivo alla parola "anarchia", che prima era utilizzata soltanto in senso dispregiativo, cioè nel senso di caos, disordine (perfino da William Godwin).

Critica della proprietà e dello stato

1866

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incipitSe dovessi rispondere alla seguente domanda: che cos’è la schiavitù? e rispondessi con una sola parola: è un assassinio, il mio pensiero sarebbe subito compreso. Non avrei bisogno di un lungo discorso per dimostrare che il potere di privare l’uomo del pensiero, della volontà, della personalità, è un potere di vita e di morte, e che rendere schiavo un uomo significa assassinarlo. Perché dunque a quest’altra domanda: che cos’è la proprietà? non posso rispondere allo stesso modo: è un furto, senza avere la certezza di non essere compreso, benché questa seconda proposizione non sia che una trasformazione della prima?
incipitSe dovessi rispondere alla seguente domanda: che cos’è la schiavitù? e rispondessi con una sola parola: è un assassinio, il mio pensiero sarebbe subito compreso. Non avrei bisogno di un lungo discorso per dimostrare che il potere di privare l’uomo del pensiero, della volontà, della personalità, è un potere di vita e di morte, e che rendere schiavo un uomo significa assassinarlo. Perché dunque a quest’altra domanda: che cos’è la proprietà? non posso rispondere allo stesso modo: è un furto, senza avere la certezza di non essere compreso, benché questa seconda proposizione non sia che una trasformazione della prima?

È il trionfo dell’umanità saper riconoscere ciò che c’è in essa di fatale, come il più grande sforzo della sua virtù è di sapervisi sottomettere.

In un momento come questo, dunque, un momento d’accordo, o quasi, sul resto delle questioni, la domanda su cui si trova divisa la democrazia socialista è la seguente: dovrà lo Stato continuare a esistere una volta risolto il problema del lavoro e del capitale? In altri termini, continueremo ad avere, così come l’abbiamo avuta fino a ora, una Costituzione politica al di fuori della Costituzione sociale?

Noi rispondiamo di no. Sosteniamo che, una volta identificati il capitale e il lavoro, la società sussiste da sola e non ha più bisogno del governo. Noi siamo, di conseguenza, e l’abbiamo proclamato più di una volta, anarchici. L’anarchia è la condizione d’esistenza delle società adulte, così come la gerarchia è la condizione d’esistenza delle società primitive: nelle società umane esiste un incessante progresso dalla gerarchia all’anarchia.

La giustizia come equilibrio

Applicando questi principi all’uomo che vive in società, io concludo che la condizione sociale non può essere per l’individuo una diminuzione della sua dignità, essa non può esserne che un aumento. Bisogna dunque che la giustizia, nome col quale designiamo soprattutto quella parte della morale che caratterizza il soggetto in società, per divenire efficace sia più di un’idea; bisogna che essa sia contemporaneamente una realtà. Bisogna, diciamo, che essa agisca non solamente come nozione della conoscenza, rapporto economico, formula d’ordine, ma anche come forza dell’anima, forma della volontà, energia interiore, istinto sociale, analogo nell’uomo a quell’istinto comunista che abbiamo notato nell’ape. È ragionevole infatti pensare che, se la giustizia è rimasta fino a oggi impotente, ciò si deve al fatto che come facoltà, forza motrice, l’abbiamo interamente misconosciuta; che la sua cultura è stata negletta; che non ha marciato nel suo sviluppo col medesimo passo dell’intelligenza; infine che noi l’abbiamo considerata come una fantasia della nostra immaginazione o l’impressione misteriosa di una volontà estranea. Bisogna dunque, ancora una volta, che questa giustizia la si senta in noi, nella coscienza, come una voluttà, un amore, una gioia, una collera; che noi si sia sicuri della sua eccellenza sia dal punto di vista della nostra felicità personale che da quello della conservazione sociale; che con questo zelo sacro della giustizia e con le sue manchevolezze si spieghino tutti i fatti della nostra vita collettiva, le sue statuizioni, le sue utopie, le sue per- turbazioni, le sue corruzioni; e che ci appaia infine come il principio, il mezzo e il fine, la spiegazione e la sanzione del nostro destino.

In due parole una forza di giustizia, e non semplicemente una nozione di giustizia, forza che, aumentando per l’individuo la dignità, la sicurezza e la felicità, assicuri nel contempo l’ordine sociale contro le incursioni dell’egoismo: ecco ciò che cerca la filosofia, e al di fuori del quale non può esistere società.

Proudhon, in una lettera del 20 agosto 1864 a «l’éditeur du Dictionnaire Larousse», specifica ulteriormente: «[Quanto all’anarchia], ho inteso indicare con questo termine il limite estremo del progresso politico. L’anarchia è, se così posso esprimermi, una forma di governo o di costituzione in cui la coscienza pubblica e privata, formata dallo sviluppo della scienza e del diritto, è di per sé sufficiente a mantenere l’ordine e a garantire tutte le libertà; di conseguenza il principio d’autorità, le istituzioni preventive e repressive e la burocrazia sono ridotte alla loro forma più semplice, e a maggior ragione sono scomparse le forme monarchiche e la forte centralizzazione, sostituite dalle istituzioni federative e dai costumi comunali. Quando la vita politica e l’esistenza domestica saranno identificate, quando, con la soluzione dei problemi economici, gli interessi sociali e individuali saranno equilibrati e solidali, è evidente che scomparirà ogni costituzione e saremo in piena libertà, cioè in anarchia. La legge sociale si compirà da se stessa, senza bisogno d’ordine e sorveglianza, grazie alla spontaneità universale» [N.d.C.].