La Repubblica - In città la fattoria è verticale

Da Sotto le querce.

Fabio Marzano

9 maggio 2018

La Repubblica - 9 Maggio 2018 - Idroponica-1.jpg

L’orto di Singapore I cespi di lattuga crescono nei tubi in pvc arredando gli spazi comuni di un condominio.
È un progetto per l’edilizia residenziale green di Citiponics

La Repubblica - 9 Maggio 2018 - Idroponica-3.jpg
La Repubblica - 9 Maggio 2018 - Idroponica-5.jpg
La Repubblica - 9 Maggio 2018 - Idroponica-6.jpg
La Repubblica - 9 Maggio 2018 - Idroponica-4.jpg

Ci vuole un seme Spinaci rossi e altri ortaggi vengono coltivati “fuori suolo”, ossia senza l’uso di terra.
Nella foto in alto a destra, a occuparsene è il presidente di Citiponics, Teo Hwa Kok

La Repubblica - 9 Maggio 2018 - Idroponica-2.jpg

Terrazze verdi e commestibili La struttura in pvc sul tetto del palazzo ospita le coltivazioni che richiedono un quantitativo ridotto di acqua e sono di facile manutenzione. Oltre a rendere verde lo spazio urbano


Nell’agricoltura idroponica le piante crescono senza terra e con poca acqua.
Ecco come funziona.


È l’orto del futuro: condiviso, verticale, mobile ma senza terra. Si può seminare sui tetti o in fabbriche abbandonate ed è ispirato ai giardini pensili degli antichi babilonesi. L’agricoltura idroponica, o fuori suolo, è una promessa per chi vive in città e non vuole rinunciare all’autarchia alimentare. L’unico denominatore comune con l’alter ego di campagna è l’acqua. Per il resto, anche la fatica millenaria del contadino è sostituita da un circuito automatico di irrigazione. Le coltivazioni idroponiche producono tre volte di più di quelle tradizionali ma riducono i consumi di acqua e fertilizzanti. Una quadratura del cerchio tra habitat urbano, sostenibilità ambientale e autoproduzione.

«Ci sono due generi di coltura fuori suolo – spiega Luca Incrocci, docente di orticoltura all’Università di Pisa che ha progettato il primo sistema idroponico per la serra alla base italiana in Antartide – l’idroponica vera e propria in cui la pianta si appoggia su un pannello che galleggia in una vasca d’acqua dove sono immerse le radici e la seconda, quella più familiare, nella quale le piante sono inserite in una serie di recipienti senza base allineati in un impianto verticale che consente di innaffiare le radici da un canale che scorre dall’alto verso il basso». In entrambi i casi nell’acqua sono diluite quelle sostanze minerali necessarie alla crescita della pianta come azoto, fosforo, potassio, magnesio, ferro. Sono gli stessi nutrienti presenti nei concimi ma concentrati in un’unica soluzione che consente di sviluppare serre con architetture audaci come quelle delle fattorie verticali. La prima del genere in Italia è stata firmata dall’Enea e ospitata all’interno dell’Expo a Milano. «È l’evoluzione naturale del giardino babilonese dove l’acqua cade dall’alto verso il basso sfruttando la forza di gravità e viene riciclata – aggiunge Incrocci – È una tecnica che consente di ridurre il prelievo di questa risorsa fino al 70 per cento e abbattere il ricorso a pesticidi».

In Italia l’idroponica rappresenta oggi circa il 15 per cento della produzione agricola ma non pensate di poter piantare ulivi o alberi da frutto. «Di norma si coltivano insalate o varietà aromatiche, come il basilico, che hanno radici di dimensioni ridotte – prosegue Incrocci – quando si usa la tecnica con il vaso, al contrario, si possono seminare cultivar più grandi come pomodori, peperoni e cetrioli».

Rimane il valore sociale, oltre che tecnologico, dell’orto senza terra come il prototipo realizzato dall’Università di Bologna sul tetto di una casa popolare per l’autoproduzione di frutta ed ortaggi. A Firenze, invece, una serra idroponica itinerante è stata progettata dall’ateneo all’interno di una roulotte parcheggiata in una ex area industriale della città. L’idroponica è la formula più indicata per coltivare qualche foglia di insalata anche in ambienti estremi come la superficie di Marte. L’ultima sperimentazione è stata realizzata nel deserto dell’Oman dove Enea, Agenzia Spaziale Italiana e Università di Milano hanno allestito un orto “spaziale” per valutare l’efficienza dell’idroponica in vista delle missioni sul pianeta rosso. «Non solo, questa tecnologia – conclude il ricercatore pisano – sarà una delle soluzioni obbligate nel prossimo futuro per sfamare una popolazione mondiale in costante aumento».