La Repubblica - Il signore del giardino incantato

Da Sotto le querce.

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Repubblica
Il signore del giardino incantato

Il più grande architetto di paesaggi italiano apre la sua abitazione a Revello

Testo di Aurelio Magistà. Fotografie di Attilio Capra - La Repubblica 18 maggio 2018


Aurelio Magistà

18 maggio 2018

Il più grande architetto di paesaggi italiano apre la sua abitazione a Revello.

Nel giardino si trovano numerose vasche d’acqua digradanti verso il fondovalle, dove svettano rigogliosi i bambù: «Una delle varietà più alte», spiega Pejrone, «il Phyllostachys edulis, che può superare i 25 metri». In basso, l’architetto a passeggio nel cortile della casa accompagnato dal cane trovatello Ramasin.

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Sopra, la cucina con la collezione di pentole di rame pendenti dalle travi del soffitto; ritratti e alcune delle numerose sculture di cani in soggiorno.

La dimora a vita di Paolo Pejrone si trova sperduta nella campagna cuneese, a Revello, il paese di famiglia. Arrivando, fa un certo effetto lasciare l’auto in piazza Giovanni Pejrone prima di affrontare la salita in cima alla quale ci attende lui. Che commenta sornione: «Siamo qui da tempo immemorabile, almeno dai Carolingi». La casa era la parte agricola della proprietà dei Pejrone, che vivevano in paese. Qui ci stavano i contadini. Ma è inevitabile che l’abitazione del più importante architetto di paesaggi italiano finisca per essere soprattutto il suo giardino. Non che la casa sia un bugigattolo: è composta da due edifici, un tempo stalle e fienili, oggi trasformati in abitazione e studio. Ma è il giardino il vero protagonista e motore di ogni azione e di ogni sortilegio che il suo signore si diverte a inventare. Il verde, fittissimo ma intervallato da radure per la meditazione e la conversazione, con tavolini, sedie e panche, si estende sui costoni di due colline; nella valle formata dai due fianchi corre un rivolo d’acqua che alimenta alcune vasche e, in fondo, un minuscolo laghetto circondato da una piccola foresta di bambù giganti che ricorda quella dei Pugnali volanti.

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Il soggiorno con il divano rivolto verso le due grandi finestre che danno sul giardino. Sulla libreria ci sono alcuni bronzi con personaggi della famiglia Savoia: «Ammiro Carlo Alberto, che diede la Costituzione, ma poi chissà perché mi trovo sempre fra i piedi Vittorio Emanuele II», scherza Pejrone. Dietro la poltrona, la grande stufa ottocentesca in ghisa di origine danese.

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Il soggiorno con il divano rivolto verso le due grandi finestre che danno sul giardino. Sulla libreria ci sono alcuni bronzi con personaggi della famiglia Savoia: «Ammiro Carlo Alberto, che diede la Costituzione, ma poi chissà perché mi trovo sempre fra i piedi Vittorio Emanuele II», scherza Pejrone. Dietro la poltrona, la grande stufa ottocentesca in ghisa di origine danese.

Il ruolo del giardino è così decisivo che ha imposto una scelta di vita. «Ho ereditato la proprietà nel 1992 e ho avviato i lavori di ristrutturazione pensandola come casa di campagna », racconta Pejrone, «ma ho fatto presto a innamorarmene e ad abbandonare Torino e Roma per ritirarmi a vivere qui. A pesare, anche più delle ragioni affettive, è stata la crescente consapevolezza che la mia presenza continua era assolutamente necessaria per la riuscita del giardino e per il suo sviluppo». Che ha richiesto e richiede lavori ben più impegnativi di quelli per la casa. Fin dall’inizio, gli oltre sei ettari diventano un lento contrappunto tra piante preesistenti e piante nuove. Ai bambù di fondovalle, nella parte superiore si aggiungono magnolie caducifoglie e, più in alto, ulivi “leccini” che sostituiscono la vecchia vigna paterna. «La maggior parte delle nuove piante», illustra Pejrone circondato dai due amatissimi cani Ciadel e Ramasin, «proviene da vivai inglesi e olandesi, soprattutto Peter Chappell, nell’Hampshire: per esempio l’albero dei fazzoletti». In realtà nessuna descrizione renderebbe giustizia al magico labirinto verde, perché agli alberi si affiancano arbusti e piante in un’apparente babele di ortensie, camelie, glicini, rose, fichi d’india nani, agapanthus, felci, come se i più diversi microclimi avessero trovato grazie al loro signore una segreta modalità di convivenza.

Paolo Pejrone è nato a Torino il 7 giugno 1941.

«Al centro del giardino si trova l’orto, strettamente collegato alla cucina, che è a sua volta il fulcro dell’interno». È lì che Pejrone ci accoglie con un caffè prima del meticoloso tour della proprietà. Dalle vecchie travi imbiancate pende un trionfo di pentole e padelle di rame, una collezione in continua espansione, come altre in altre stanze della casa, per esempio quella di ramarri e lucertole in metallo, raccolti in cerchio attorno alla statua in terracotta di un cane passato ma non dimenticato, oppure i ritratti e i bronzi di personaggi di casa Savoia o, appunto, sculture e quadri di altri cani, noti o ignoti ma comunque tutti molto amati. La visita della casa dalla cucina passa al soggiorno, con due gloriosi finestroni affacciati sul giardino. Ed è da capogiro: ovunque oggetti parlano di una passione collezionistica e lasciano intuire mille storie che Pejrone, conversatore appassionato, comincia e continua passando dall’una all’altra con tale rapidità che il capogiro degli oggetti continua in quello delle parole.