Internazionale - Gli hacker delle piante

Da Sotto le querce.

The Economist

5 aprile 2019

Le mosche bianche sabotano il sistema di comunicazione usato dalle piante per dare l’allarme quando sono sotto attacco. Riescono a farlo inducendo la risposta chimica sbagliata.

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Quando sono attaccate dagli erbivori, che ne addentano le foglie, alcune piante si difendono producendo sostanze irritanti e tossine. Certi insetti, però, sono in grado di contrastarle. Tra i più bravi, e quindi tra i più molesti per le coltivazioni, c’è la mosca bianca. Come dimostrano nuove ricerche, questo parassita potenzia le sue spregevoli azioni sabotando il sistema di comunicazione biologico di preallarme usato dalle piante.

Le piante sotto attacco, infatti, reagiscono producendo acido jasmonico. Quest’ormone innesca a sua volta la produzione di composti chimici che interferiscono con gli enzimi digestivi degli insetti, compromettendone l’alimentazione. Ma le piante producono anche acido salicilico per tenere alla larga agenti patogeni come i virus. Così le mosche bianche le ingannano, facendole reagire come se la minaccia fosse una malattia e non un insetto: grazie a dei composti chimici presenti nella loro saliva inducono le piante a produrre più acido salicilico e meno acido jasmonico. Questo stratagemma favorisce quindi l’infestazione.

Zhang Peng-Jun, Yu Xiao-Ping e i loro colleghi della China Jiliang university, ad Hangzhou, hanno studiato i meccanismi di difesa delle piante quando sono attaccate da insetti e malattie.

L’idea potrebbe essergli venuta grazie al film Avatar, ambientato su una luna immaginaria in cui le piante comunicano. Comunque sia, negli ultimi anni i ricercatori hanno scoperto che, se minacciate, le piante sono davvero capaci di dare l’allarme. Lo lanciano a volte inviando messaggi biochimici nel sottosuolo attraverso le radici e le interazioni simbiotiche con i funghi, altre volte rilasciando nell’aria sostanze chimiche.

Dopo aver ricevuto questi segnali, le piante vicine reagiscono alla minaccia. Se si tratta di un agente patogeno producono in massa l’acido salicilico, se invece si tratta di parassiti producono l’acido jasmonico e speciali composti chimici che attirano i predatori degli insetti.

Come hanno scritto Zhang e Yu nei Proceedings of the National Academy of Sciences, le mosche bianche non si limitano a ingannare singole piante, facendole reagire come se la minaccia fosse una malattia e non un insetto, ma interferiscono con il sistema d’allarme spingendole a diffondere il messaggio sbagliato e rendendo più vulnerabili anche le vicine.

Miniserre di vetro

Per dimostrarlo i ricercatori hanno coltivato delle piante di pomodoro in miniserre di vetro, infestandone una parte con le mosche bianche. Dopo alcuni giorni l’aria di ogni serra è stata trasferita per ventiquattr’ore in serre simili con piante di pomodoro sane. Queste nuove piante sono state poi infestate con le mosche bianche. Anche se il numero di uova deposte dalle mosche bianche è risultato più o meno simile in tutte le serre, in quelle esposte all’aria infestata la nuova generazione di ninfe si è sviluppata molto più velocemente.

I ricercatori hanno poi ripetuto l’esperimento concentrandosi sulle sostanze chimiche prodotte dalle piante esposte ai vari campioni d’aria. Hanno scoperto che mentre l’acido jasmonico prodotto dalle piante immerse nell’aria sana, durante un attacco di mosche bianche, era abbondante come previsto, quello prodotto dalle piante esposte all’aria infestata era circa la metà. Per l’acido salicilico la tendenza era invece opposta, con una scarsa produzione nelle piante esposte all’aria sana e una produzione abbondante nelle piante esposte all’aria infestata.

Secondo Zhang e Yu, individuando il meccanismo biochimico che induce le piante a diffondere i segnali d’allarme sbagliati si potrebbero mettere a punto delle contromisure efficaci. Questo aiuterebbe gli agricoltori a proteggere i raccolti dallo sleale parassita, che ogni anno nel mondo provoca danni per centinaia di milioni di dollari.