Il giardino in movimento - Gilles Clément

Da Sotto le querce.

« Lungo alcune strade si incontrano giardini involontari. Li ha creati la natura. Non danno l'impressione di essere selvatici e tuttavia lo sono. Un indizio, un fiore particolare, un colore vivo, li distingue dal paesaggio circostante.
Guardando questi giardini di traverso, come i cani guardano le mosche, avvertiamo uno sfasamento. »

Gilles Clément, Il giardino in movimento. Da La Vallée al giardino planetario. Quodlibet (Macerata, 2011)
Gilles Clément (Argenton-sur-Creuse, 6 ottobre 1943) è uno scrittore, entomologo, architetto del paesaggio e ingegnere agronomo francese. È insegnante all’École nationale du paysage di Versailles. Paesaggista tra i più noti e influenti d'Europa, è il teorizzatore del giardino planetario, del giardino in movimento e del concetto di terzo paesaggio. Ha all'attivo numerosi saggi e romanzi.
Gilles Clément (Argenton-sur-Creuse, 6 ottobre 1943) è uno scrittore, entomologo, architetto del paesaggio e ingegnere agronomo francese. È insegnante all’École nationale du paysage di Versailles. Paesaggista tra i più noti e influenti d'Europa, è il teorizzatore del giardino planetario, del giardino in movimento e del concetto di terzo paesaggio. Ha all'attivo numerosi saggi e romanzi.

Il ricorso all'architettura sembra ancora l'unico modo di incidere in maniera appropriata sul disordine naturale. È un modo per dire che l'ordine biologico – di tutt'altra natura – non è ancora stato percepito come una possibilità di nuova concezione. Viene ignorato, come se tutti coloro che intervengono sul paesaggio si fossero preclusi le conoscenze che ne rivelano l'intelligenza.

Tutto ciò che l'uomo abbandona al tempo offre al paesaggio una possibilità di essere, contemporaneamente, da lui marchiato e da lui affrancato.

Le friches[1] non hanno a che fare con nulla di morente. Nel loro letto le specie si abbandonano all'ainvenzione. La passeggiata in una friche è un perpetuo interrogarsi, poiché tutto lì è fatto per eludere le più azzardate speculazioni.

È certo difficile immaginare quale aspetto prenderanno i giardini per cui è prevista un'esistenza non inscritta in nessuna forma.
A mio parere, giardini di questo tipo non dovrebbero essere giudicati sulla base della loro forma ma piuttosto sulla base della loro capacità di tradurre una certa felicità di esistere.

Molto spesso l'ordine è associato alla pulizia. È una nozione soggettiva che non ha nessun senso biologico. Dà luogo a comportamenti diversi. Certo, sopprimendo la causa si sopprime l'effetto, ma sopprimere i fiori appassiti non significa solo togliere sporcizia (rendere pulito), significa anche sopprimere i frutti, dunque i semi. Ora, è proprio nei semi che si trova l'essenza del messaggio biologico, quello che genera un ordine dinamico, portatore di giardini sconosciuti.


Appena terminate, le costruzioni dell'uomo entrano in un processo di degrado irreversibile. La loro incapacità di evolvere le condanna, presto o tardi, alla rovina. Quando un'opera è compiuta, è già morta. La natura, al contrario, non termina mai nulla. Si fa carico degli uragani, interpreta le ceneri di un fuoco, inventa un processo di vita sulle basi, ogni volta rinnovate, di uno sconvolgimento.

Climax

Quasi sempre, con i nostri climi, il climax è una foresta. Se si abbandonassero tutti i suoli coltivati di Francia, il terreno si coprirebbe di un manto forestale simile a quello che conobbero gli uomini prima della Gallia.

Il climax dipende dalle condizioni di vita. Le condizioni di vita definiscono i biotopi. Ci sono tanti stadi climatici quanti sono i biotopi – e questi possono modificarsi nel tempo. Per il giardino in movimento il climax è un obiettivo, una intenzionalità possibile. Non è necessario raggiungerlo.

Giardino in movimento

Il vuoto architettonico contiene un pieno biologico in cui si esplica il movimento, che è la realtà del giardino.

Posto che le erbe, buone o cattive che siano, si affiancano e si intrecciano tra loro, è il comportamento biologico di queste piante che determinerà la collocazione e la forma delle masse fiorite. E, poiché il comportamento biologico p molto variabile in funzione delle specie e del tempo, le masse fiorite in questione seguono movimenti di ogni tipo. Ne deriva una modificazione permanente dell’aspetto del giardino, perché non solo le masse fiorite si modificano nell’arco delle stagioni – così come si può osservare in qualsiasi giardino – ma, in più, e soprattutto, esse appaiono e scompaiono in luoghi imprevisti, in modo tale che i percorsi non sono quasi mai gli stessi da un istante all’altro.

Là dove ieri di camminava, non si cammina più, là dove non si passava, oggi si passa. È dunque proprio la perpetua modificazione degli spazi di circolazione e di vegetazione che giustifica il termine di movimento ed è il fatto di gestire questo movimento che giustifica il termine di giardino.

Sfasamento

Lo sfasamento proviene dalla sensazione di capire perfettamente e al tempo stesso di non aver capito tutto.

Il segreto sottile, illeggibile, che si nasconde in una piega dello sfasamento, è forse di ordine estetico.

Forse è anche un modo molto indiscreto, ma in definitiva violento, di dare a vedere cose semplici.

In un comune giardino gli sfasamenti sono originati da due fattori: il tempo biologico e la scala.

È il ritmo delle apparizioni e delle scomparse che sorprende e modifica lo spazio: bulbi senza foglie come le belladonne, gli emanti (Haemanthus), le nerine, i colchici, i ciclamini. Annuali a ciclo breve come i papaveri, le margherite africane (Arctoctis), le damigelle (Nigella).

La scala è data dall’importanza relativa delle foglie, dei fusti, e dall’altezza delle piante… Mettersi all’ombra di una foglia di gunnera… Veder fiorire le bocconie (Bocconia frutescens) dalla finestra del primo piano…

In un giardino in movimento questi fenomeni sono accelerati o mostrati in quanto tali.

Più la scala è ingannevole,
più il ritmo è rapido,
più lo sfasamento è marcato,
e più il giardino è vivo.

Vagabonde. La lista delle piante per il giardino in movimento

Quattro biennali spontanee

1. I verbaschi

Producono al suolo larghe foglie lanuginose, argentate, e Verbascum floccosum è il più appariscente di tutti. Allo stato di rosetta è una delle rare piante belle viste dall'alto.

Appena vengono piantate, bisognerebbe avvisare i frequentatori del giardino di non strapparle come «malerbe»: dopo due anni in quel luogo non ci sarà più niente.

Amamno il sole; la pruina che li ricopre li ripara dai freddi intensi, dall'aridità, dal pascolamento. Messi a dimora tra due gradini di una scala di pietra, vigilano sul dislivello come una guardia reale: bisogna passare tra le alabarde e a volte anche calpestare qualche Erigeron mucronata, pratoline dell rocce.


2. Le digitali

Si sviluppano col favore delle radure, dei coni d'ombra; amano i suoli sabbiosi acidi, le sabbie granitiche un po' fresche, ma la loro ampiezza biologica è molto estesa, sopportano l'aridità.


3. L'erba delle talpe, grande euforbia o catapuzia

È tra le più sorprendenti biennali del giardino. Allo stato spontaneo la si incontra qua e là, in modo molto sporadico, al margine delle colture. Questa biennale, invece di svernare allo stadio di rosetta, costruisce un edificio geometrico senza equivalenti nella flora francese, costituito essenzialmente da un asse verticale che può raggiungere il metro di altezza, percorso regolarmente da foglie distiche sovrapposte alternativamente si due piani verticali, di modo che, vista dall'alto, la pianta disegna una croce.

È il comportamento che fa di lei un pianta importante.


4. Panace gigante, panace del Caucaso o panace di Mantegazza

È la più alta delle nostre biennali coltivabili. In tempi record passa da rasoterra all'altezza di quattro metri. D'inverno non c'è nulla, neanche una foglia degna di questo nome e poi in luglio, a volte già nel mese di giugno, le immense ombrelle bianche, arrotondate, si aprono a cascata per tutto un mese.

Questa pianta trasforma i rapporti di scala, fa risaltare tutto ciò che la circonda, sconvolge il giardino.

Altre vagabonde

Le perenni giganti

Sono destinate a grandi esclamazioni, ai deliri dell’estate. Bisogna poterci passare sotto, dentro, attraversarne il fogliame. Non solo girare intorno ai grandi steli, ma toccarli. Una foresta di erbe nella quale penetra l’uomo-insetto.

Macleaya cordata o Bocconia cordata

Può raggiungere sei metri d'altezza se esposta al caldo e radicata in un suolo profondo. Molto strisciante, a volte invadente.


Gunnera (G. manicata o G. brasiliensis, G. tinctoria)
Peltiphyllum peltatum
Rodgersia tabularis

Tre piante a fogliame arrotondato, tipiche di ambienti umidi o molto freschi con un'eigenza di pH leggermente acido per la guntera e, se possibile, suolo drenante (non argilloso compatto). Vanno protette in inverno con pacciamatura.


Petasites fragrans

Il farfaraccio vaniglione somiglia loro, ma la particolarità di questa pianta molto invadente è di fiorire in pieno inverno o all'inizio della primavera. Il fiore si manifesta per il suo profumo


Note

  1. Il termine francese friche non ha equivalenti in altre lingue. Esso indica in generale un terreno incolto e abbandonato rurale, a anche urbano. È un termine tecnico che esprime una dimensione della natura fondamentale nell'economia del pensiero di Clément, per questo si è deciso di lasciarlo non tradotto, preservandolo nell'unica lingua che lo possiede (n.d.e.).