Davi Kopenawa

Da Sotto le querce.

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« Omama ha creato le colline. Ha piantato le montagne nel suolo. Grazie al loro peso, ha fissato da una parte all’altra la terra Hutukara, affinché non tremi. »
Davi Kopenawa (Toototobi, 1959) è leader e portavoce del popolo Yanomami del Brasile, oltre che uno sciamano; è noto a livello internazionale per il suo lavoro per la difesa dei diritti indigeni, e la salvaguardia della foresta amazzonica e dell'ambiente.
Davi Kopenawa (Toototobi, 1959) è leader e portavoce del popolo Yanomami del Brasile, oltre che uno sciamano; è noto a livello internazionale per il suo lavoro per la difesa dei diritti indigeni, e la salvaguardia della foresta amazzonica e dell'ambiente.

La caduta del cielo

Parole di uno sciamano yanomami

2018

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incipitMolto tempo fa, sei venuto a vivere tra gli Yanomami e parlavi come uno spettro. Poco per volta hai imparato a imitare la mia lingua e a ridere con noi. Eravamo giovani e, all’inizio, non mi conoscevi. Il nostro pensiero e la nostra vita sono diversi poiché sei figlio di gente altra, di coloro che chiamiamo napë. I tuoi professori non ti avevano insegnato a sognare come facciamo noi. Eppure, sei venuto da me e sei diventato mio amico. Ti sei messo al mio fianco e, in seguito, hai voluto conoscere le parole degli xapiri, che nella vostra lingua chiamate spiriti. Cosí, ti ho confidato le mie parole e ti ho chiesto di portarle lontano per farle conoscere ai Bianchi, che di noi non sanno niente.
incipitMolto tempo fa, sei venuto a vivere tra gli Yanomami e parlavi come uno spettro. Poco per volta hai imparato a imitare la mia lingua e a ridere con noi. Eravamo giovani e, all’inizio, non mi conoscevi. Il nostro pensiero e la nostra vita sono diversi poiché sei figlio di gente altra, di coloro che chiamiamo napë. I tuoi professori non ti avevano insegnato a sognare come facciamo noi. Eppure, sei venuto da me e sei diventato mio amico. Ti sei messo al mio fianco e, in seguito, hai voluto conoscere le parole degli xapiri, che nella vostra lingua chiamate spiriti. Cosí, ti ho confidato le mie parole e ti ho chiesto di portarle lontano per farle conoscere ai Bianchi, che di noi non sanno niente.

Divenire altro

Parole disegnate

Il padre di mia moglie, il grande uomo della nostra casa di Watorikɨ, ai piedi della montagna del vento, mi aveva fatto bere la polvere che gli sciamani ricavano dall’albero yãkoana hi. Sotto l’effetto del suo potere, ho visto scendere verso di me gli spiriti delle vespe kopena. Mi hanno detto: “Noi siamo al tuo fianco e ti proteggeremo. Ecco perché prenderai come nome Kopenawa!” È cosí. Questo nome viene dagli spiriti vespa che hanno assorbito il sangue versato da Arowë, un grande guerriero dell’inizio dei tempi. Mio suocero ha fatto scendere per me le loro immagini dandomele con il suo soffio di vita. Allora, ho potuto vederle danzare per la prima volta. E quando ho contemplato l’immagine di Arowë, di cui avevo solo sentito pronunciare il nome, mi sono detto: “Haixopë! Quindi è stato questo antenato ad aver posto in noi il coraggio guerriero! Ecco la vera impronta di colui che ci ha insegnato l’audacia!”

Il primo sciamano

Omama ha creato la terra e la foresta, il vento che agita le sue foglie e i fiumi di cui beviamo l’acqua. È lui che ci ha dato la vita e reso numerosi. Da sempre ascoltiamo il suo nome grazie ai nostri anziani. All’inizio Omama e suo fratello Yoasi sono venuti all’esistenza da soli. Non hanno avuto né padre né madre. Prima di loro, all’inizio dei tempi, esisteva solo la gente che noi chiamiamo yarori. Questi antenati erano degli esseri umani con nomi di animali che non smettevano di trasformarsi e che, poco alla volta, sono divenuti la selvaggina che oggi frecciamo e mangiamo. A quel punto fu Omama a venire all’esistenza e a ricreare la foresta, perché quella che esisteva prima era fragile. La foresta diveniva continuamente altra finché, alla fine, il cielo non è crollato su di essa. I suoi abitanti, scaraventati sottoterra, sono divenuti gli antenati cannibali che noi chiamiamo aõpatari.

Ecco perché Omama ha dovuto creare una nuova foresta, piú solida, il cui nome è Hutukara. Questo è anche il nome dell’antico cielo, caduto tempo fa. Omama ha fissato l’immagine di questa nuova terra, l’ha distesa lentamente e con cura, come si stende l’argilla per fare un piatto di terracotta mahe. In seguito l’ha ricoperta di fitte linee tracciate con tintura di annatto, come fossero disegni di parole. Poi, per non farla crollare, ha piantato nelle sue profondità degli immensi pezzi di metallo con i quali ha fissato anche i piedi del cielo. Senza tutto questo, la terra sarebbe rimasta sabbiosa e friabile e il cielo non sarebbe restato al suo posto. Successivamente, con ciò che rimaneva di questo metallo e dopo averlo reso inoffensivo, Omama ha costruito anche i primi utensili di ferro dei nostri antenati. Infine, ha posato le montagne sulla superficie della terra affinché non tremasse sotto ai venti di tempesta, spaventando gli esseri umani. Ha disegnato anche un primo sole per darci la luce. Ma bruciava troppo e ha dovuto liberarsene distruggendo la sua immagine. Infine ha creato quello che vediamo oggi in cielo, cosí come le nuvole e la pioggia, al fine di frapporle al sole quando diventa troppo caldo. Questo è quello che in passato ho sentito raccontare dai miei anziani.

Omama ha creato anche gli alberi e le piante spargendo ovunque al suolo i noccioli dei loro frutti. Questi semi sono germogliati nella terra e hanno dato vita a tutta la vegetazione della foresta in cui viviamo da allora. È cosí che sono spuntate le palme hoko si, maima si e rioko si, gli alberi apia hi, komatima hi, makina hi, oruxi hi e tutti gli altri da cui traiamo il nostro nutrimento. All’inizio i loro rami erano spogli. Poi hanno cominciato a formarvisi dei frutti. Infine, Omama ha creato le api che sono andate ad abitarvi e a bere il nettare dei fiori con cui producono i loro mieli.

In principio non c’erano ancora neanche i fiumi; le acque scorrevano sottoterra, molto in profondità. Se ne sentiva solo un lontano fragore, come quello di potenti rapide. Formavano un corso d’acqua molto grande che gli sciamani chiamano Motu uri u. Un giorno Omama lavorava nell’orto con suo figlio, che si mise a piangere per la sete. Per dissetarlo, fece un buco nella terra con un’asta di metallo e, quando la sfilò dal suolo, l’acqua si mise a zampillare violentemente verso il cielo. Spinse via con forza il suo bambino e scagliò nel cielo tutti i pesci, le razze e i caimani. Il fiotto salí cosí in alto che un altro fiume si formò sul dorso del cielo, là dove vivono gli spettri dei nostri morti. Poi le acque si accumularono sulla terra e iniziarono a scorrere in tutte le direzioni, formando i fiumi, i ruscelli e i laghi della foresta.

In principio, nella foresta non abitava ancora nessun essere umano. Omama e suo fratello Yoasi vi vivevano soli. Non c’erano ancora donne. I due fratelli conobbero la prima donna solo piú tardi, quando Omama pescò la figlia di Tëpërësikɨ in un grande fiume. All’inizio, Omama copulava nella piega del ginocchio di suo fratello Yoasi. A lungo andare, il polpaccio di quest’ultimo rimase gravido e fu cosí che Omama ebbe per la prima volta un figlio. Tuttavia, noi abitanti della foresta non siamo nati cosí. Siamo stati generati, piú tardi, dalla vagina della sposa di Omama, Thuëyoma, la donna che egli ha strappato alle acque. Da sempre gli sciamani fanno scendere la sua immagine. La chiamano anche Paonakare. Era un essere pesce che si è lasciato catturare sotto le sembianze di una donna. È cosí. Se Omama non l’avesse pescata nel fiume, forse gli esseri umani continuerebbero a copulare dietro le ginocchia!

In seguito Omama si arrabbiò con suo fratello Yoasi che, a sua insaputa, aveva fatto comparire nella foresta gli esseri malefici delle malattie, i në wãri, e quelli dell’epidemia xawara, anch’essi mangiatori di carne umana. Yoasi era malvagio e il suo pensiero pieno di oblio. Omama, dal canto suo, aveva creato l’essere sole che non muore mai. Non sto parlando qui del sole mothoka, il cui calore si posa sulla foresta e che la gente comune vede, ma dell’immagine del sole. È cosí. Il sole e la luna possiedono immagini che solo gli sciamani possono far scendere e danzare. Queste immagini hanno le sembianze di esseri umani del tutto uguali a noi, ma i Bianchi non possono conoscerle.

Omama voleva fossimo immortali come l’essere sole chiamato dagli sciamani Mothokari. Voleva fare le cose nel migliore dei modi e mettere in noi un soffio di vita davvero solido. Per questo cercò nella foresta un albero dal legno duro per issarlo e imitare la forma della sua sposa. Scelse allo scopo un albero spettro, pore hi, la cui pelle si rinnova senza sosta. Voleva introdurre l’immagine di quest’albero nel nostro soffio vitale affinché restasse duraturo e resistente. Cosí, diventati vecchi, avremmo cambiato pelle, che sarebbe rimasta per sempre liscia e nuova. Saremmo potuti tornare giovani incessantemente e non morire mai. Era ciò che Omama desiderava. Tuttavia Yoasi, approfittando della sua assenza, si affrettò a mettere nell’amaca della moglie di Omama la corteccia di un albero dal legno fibroso e molle, che noi chiamiamo kotopori usihi. Poi, la corteccia finí per ripiegarsi su un lato e iniziò a pendere dall’amaca in direzione del suolo. Immediatamente gli spiriti tucano iniziarono a intonare tristi lamenti di lutto. Omama li sentí e si arrabbiò con suo fratello. Ma era troppo tardi e il danno era già fatto. Yoasi ci aveva insegnato per sempre a morire. Aveva introdotto la morte, quest’essere malefico, nella nostra mente e nel nostro soffio, che per questo sono diventati cosí fragili. Da allora, gli esseri umani sono sempre vicini alla morte. Ecco perché a volte chiamiamo i Bianchi anche Yoasi thëri, Gente di Yoasi. Le loro merci, le loro macchine e le loro epidemie, che non smettono di portarci la morte, per noi sono anche delle tracce del fratello malvagio di Omama.

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Lo sguardo degli xapiri

Qualche volta gli xapiri posano lo sguardo sui bambini semplicemente quando questi bevono troppo miele. Lo prepariamo diluendolo con l’acqua e ne sono molto ghiotti. Uno dei miei cognati, anch’egli grande sciamano, me ne dava spesso quando ero piccolo. E mi diceva: “Bevi questo miele che ho appena preparato per te! Quando crescerai, potrai far danzare gli spiriti come faccio io!” Era molto zuccherino, mi piaceva e lo consumavo in grande quantità. Una volta sazio, mi addormentavo. Entravo subito in stato di spettro e iniziavo a sognare. All’improvviso tutto mi sembrava chiaro come in pieno giorno. Sentivo grida, rumori e fischi stridenti. Vedevo gli animali correre nella foresta e scorgevo in lontananza gli xapiri che danzavano gioiosi. Poi gli spiriti ape si avvicinavano per giocare con me. Ero circondato da una luminosità tanto intensa da farmi paura e alla fine scoppiavo in lacrime. Era cosí. Il miele è il nutrimento preferito dagli spiriti e se i bambini ne bevono molto, gli xapiri appaiono facilmente nel loro sogno, anche se non sanno ancora riconoscerli.

Gli antenati animali

Le immagini della selvaggina che gli sciamani fanno danzare non sono quelle degli animali che cacciamo. Sono quelle dei loro padri, venuti all’esistenza all’inizio dei tempi. Come ho già detto, sono le immagini degli animali antenati che chiamiamo yarori. Molto tempo fa, quando la foresta era ancora giovane, i nostri antenati, che erano esseri umani con nomi di animali, si sono trasformati in selvaggina. Gli umani pecari sono divenuti pecari. Gli umani cervi sono divenuti cervi. Gli umani aguti sono divenuti aguti. Le loro pelli sono divenute quelle dei pecari, dei cervi e degli aguti che abitano la foresta. Sono dunque questi antenati divenuti altri che oggi cacciamo e mangiamo. Per contro, le immagini che facciamo scendere e danzare come xapiri sono le loro forme di spettri. Sono il loro vero cuore e il loro vero interno. Cosí questi antenati animali dell’inizio dei tempi non sono scomparsi. Sono divenuti la selvaggina che abita la foresta, ma i loro spettri continuano comunque a esistere. Portano sempre i loro nomi di animali, ma ora sono esseri invisibili. Si sono trasformati in xapiri, che sono immortali. Cosí, persino quando l’epidemia xawara cerca di bruciarli o divorarli, i loro specchi tornano sempre a fiorire. Sono dei veri anziani. Non potranno mai scomparire.

È la verità. All’inizio dei tempi, quando gli animali antenati yarori si sono trasformati, le loro pelli sono divenute selvaggina e le loro immagini spiriti xapiri. Ecco perché questi ultimi considerano ancora gli animali come degli antenati, proprio come loro, ed è cosí che li chiamano! Ma anche noi, nonostante mangiamo la selvaggina, sappiamo bene che si tratta di antenati umani divenuti animali! Sono abitanti della foresta proprio come noi! Hanno assunto l’aspetto di selvaggina e vivono nella foresta semplicemente perché è lí che sono divenuti altri. Tuttavia, all’inizio dei tempi, erano esseri umani come noi. Non sono diversi. Noi oggi ci attribuiamo il nome di esseri umani, ma siamo identici a loro. Ecco perché, ai loro occhi, siamo sempre la loro gente.

L’iniziazione

Non diveniamo sciamani mangiando la selvaggina o il cibo dei nostri orti, ma con gli alberi della foresta. È la polvere di yãkoana, la linfa stillata dagli alberi yãkoana hi, che permette alle parole degli spiriti di rivelarsi e propagarsi lontano. La gente comune è sorda a queste parole ma, quando si diviene sciamani, possiamo ascoltarle con chiarezza. Come ho già detto, la yãkoana è il cibo degli xapiri. La chiamano raxa yawari u, il succo dei frutti della palma rasa si degli esseri delle acque. La bevono di continuo con avidità. Quando la sua potenza aumenta, l’assorbono attraverso lo sciamano che la inala poiché il naso da cui penetra è l’ingresso della loro casa di spiriti. E allora sono in tanti a nutrirsene. Ecco perché il loro padre non si accascia al suolo. Bevendo la yãkoana, entra semplicemente in stato di spettro e i suoi xapiri, una volta sazi, scendono sugli specchi diffondendo ovunque l’odore soave delle loro pitture di annatto.

Il potere della yãkoana è forte e dura a lungo. Tuttavia, è meno luminosa e violenta della polvere estratta dai semi dell’albero paara hi che bevono gli Xamathari. Esistono diversi tipi di yãkoana. Tra questi, la polvere yãkoana haare a è quella con il potere piú intenso. Se la inalate senza essere preparati, la sua immagine vi colpisce il cranio come farebbe un’ascia e vi scaraventa a terra con violenza. Allora si perde immediatamente coscienza e non si ritorna subito in sé, soprattutto se viene mescolata con la polvere paara! Appena bevuta la yãkoana, gli xapiri si impossessano dell’immagine del loro padre e la portano con sé nei loro lontani voli, mentre la sua pelle rimane distesa a terra. Le distanze sembrano considerevoli ai nostri occhi da spettro, ma per gli spiriti che sono estremamente rapidi non sono nulla. Quando scendono da noi, si ha appena il tempo di sentire un leggero ronzio e già si sono impossessati della nostra immagine per smarrirla molto lontano.

Yãkoanari è il nome del padre della yãkoana. La sua immagine abita ancora dove Omama, molto tempo fa, ha fatto bere questa polvere a suo figlio, che fu il primo sciamano. Yãkoanari è un vero anziano, uno spirito molto potente. Per dirla con le parole dei Bianchi, è il signore della yãkoana. Il potere della sua polvere è cosí grande che fa esplodere in noi un chiarore abbagliante. Cosí, quando non la si conosce, ci stordisce con violenza e crolliamo subito a terra. Iniziamo a dimenarci, il ventre stretto dalla paura. Poi rimaniamo a lungo incoscienti. È quello che mi è accaduto la prima volta. Ma in seguito, non appena ci si è abituati all’uso della yãkoana, tutto questo finisce. Non ci si accascia piú gemendo per poi rotolarsi nella polvere! Nonostante la sua potenza fulminea, si resta in piedi e allora si può veramente divenire spirito, danzando e cantando senza sosta. Gli spiriti della yãkoana, che chiamiamo yãkoanari e ayukunari, sono al nostro fianco. Ci aiutano a pensare in modo retto e le nostre parole continuano ad aumentare e a estendersi. È la yãkoana che, sotto la guida degli anziani, ci permette di vedere i cammini degli spiriti e quelli degli esseri malefici. Senza di essa, saremmo ignoranti.

Divenuti spettri durante il giorno o durante il tempo del sogno, è con lei che noi studiamo. Come ho già detto, se non si prende la yãkoana, non si sogna veramente. Quando invece si dorme sotto il suo potere, si continuano a vedere gli spiriti danzare e cantare durante il sonno. Il corpo rimane disteso nella propria amaca, ma gli xapiri prendono il volo con la nostra immagine e in questo modo ci fanno vedere cose sconosciute. Trascinano con loro la nostra memoria, in ogni angolo della foresta, del cielo e persino sottoterra. Se cosí non fosse, in sogno vedremmo solo degli esseri umani, come noi. Non vedremmo che i nostri parenti, gente che caccia o lavora nei propri orti. È cosí. Non si deve pensare che gli xapiri si manifestino soltanto durante il giorno, nel momento in cui si beve la yãkoana! Anzi, essi continuano a cantare per noi durante la notte. E cosí non smettono di esortare il loro padre ad ascoltarli: “Non dormire! Rispondici, non essere pigro! Altrimenti, ti abbandoneremo!” Se restasse a russare con il naso appiccicato alla cenere del focolare, i suoi xapiri sarebbero molto scontenti. A sua insaputa, abbandonerebbero la casa l’uno dopo l’altro, per non farvi piú ritorno. Ecco perché, nelle nostre case, si sentono gli sciamani cantare durante la notte!

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Per ricevere gli spiriti dello sciamano anziano che ci fa bere la yãkoana, dobbiamo restare a pancia vuota. All’inizio, questa polvere deve essere il nostro unico nutrimento. Una volta che le nostre viscere sono veramente pulite, gli xapiri possono finalmente venire da noi.

Allora si può ricominciare a mangiare un po’, ma solo cibi che non sono stati arrostiti, o che non sono né salati né acidi. Si possono ingerire soltanto alimenti bianchi e senza gusto: frutti del platano bolliti, filetti di piccoli pesci cotti in una foglia, ma anche succo di canna da zucchero, di papaya e, soprattutto, miele diluito nell’acqua. Questa bevanda ha veramente il potere di metterci in stato di spettro e di farci divenire spiriti! Tra tutti, il miele è il cibo preferito dagli xapiri che si nutrono dei fiori e dei frutti della foresta. Cosí, nel momento in cui il giovane sciamano lo manda giú, i suoi spiriti si saziano attraverso di lui e ne rimangono molto soddisfatti.

Case di spiriti

Le case di spiriti non poggiano sulla terra come le nostre e non vengono neanche costruite nello stesso modo. Sono davvero altre! Gli xapiri, inviati da Omama, le portano con sé da molto lontano, già pronte, con pilastri e tetto già assemblati. Ma, visto che temono la polvere e la sporcizia, non danzano toccando il suolo come facciamo noi. La piazza centrale delle loro abitazioni assomiglia a una vasta e immacolata superficie di vetro, liscia e scintillante. Un tempo gli antenati dei Bianchi hanno imitato questo vetro degli spiriti, ecco perché i loro figli e generi continuano a fabbricarlo. Nella loro lingua, dicono sia trasparente. Noi, diciamo che ha valore di brillantezza, në mirexi. Gli specchi degli xapiri sono anche molto fragili. Ecco perché gli sciamani si lamentano quando si battono pesantemente i piedi vicino a loro, mentre fanno danzare gli spiriti! Questi ultimi detestano i rumori sordi poiché pensano che li si voglia scacciare. Allora, possono irritarsi e ferire coloro che si trovano nelle vicinanze. Come ho detto, hanno orrore della sporcizia del suolo, e perciò si spostano solo su questi specchi coperti di piccole piume risplendenti e profumate di tintura di annatto. Quando li chiamiamo per respingere gli esseri malefici o l’epidemia xawara, non sono le loro intere case a scendere verso di noi. Scendono solo i loro specchi, che a quel punto restano sospesi in aria mentre gli spiriti vi compiono la loro danza di presentazione.

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L’immagine e la pelle

È cosí che muoiono gli esseri umani. Gli spettri dei nostri anziani vogliono sempre riportare i vivi vicino a loro, sul dorso del cielo. È vero. I morti hanno nostalgia di coloro che hanno abbandonato sulla terra. Si dicono: “La mia gente è cosí poco numerosa e affamata in questa foresta infestata dall’epidemia xawara e da esseri malefici! Mi fa davvero pena! Devo andare subito a cercarla!” Ecco perché li vediamo in sogno con le stesse fattezze che avevano prima di morire. Ma scendere di continuo per venire a chiamare i vivi incide sempre di piú sulla salute di questi ultimi. A volte alcuni possono persino morirne. In questo caso, gli xapiri devono frapporsi per respingere gli spettri sul dorso del cielo. Dicono loro: “Ma! Smettetela di scendere! Non vi avvicinate! Lasciateci vivere ancora un po’ in questa foresta! Verremo con voi piú avanti! Non siate cosí ansiosi di chiamarci presso di voi!” A questo gli spettri ribattono: “Ma! Siete voi che dovreste essere ansiosi di ritornare da noi!” E gli xapiri rispondono nuovamente: “Ma! Non stiamo soffrendo! Ritorneremo da voi, è chiaro! Ma senza fretta! Tornate da dove siete venuti!”

È in questo modo che xapiri e spettri dialogano. Li ho sentiti dopo aver bevuto la polvere di yãkoana o durante il tempo del sogno! Se gli xapiri non intervenissero in questo modo, gli spettri nostalgici porterebbero molto velocemente i loro parenti con sé e gli esseri umani morirebbero in continuazione, l’uno dopo l’altro, con troppa rapidità. E questa non sarebbe una buona cosa! Gli spettri vivono molto a lungo, ma alla fine muoiono comunque di nuovo. Cosí, dopo essersi trasformati in esseri mosche e avvoltoi, vanno ad abitare piú lontano ancora nelle altezze, su un nuovo cielo traslucido che si trova sopra a quello di cui vediamo il petto dalla terra.

Il cielo e la foresta

Tutti gli esseri che abitano la foresta temono di essere annientati dall’immensità del cielo, persino gli spiriti! È questo pensiero che spaventa e fa piangere la gente delle nostre case. Sanno bene che il cielo è già caduto in passato! Conosco alcune di queste parole sulla caduta del cielo. Le ho sentite dalla bocca dei miei anziani quando ero bambino. Le cose andarono cosí. All’inizio il cielo era ancora nuovo e fragile. La foresta era appena venuta all’esistenza e tutto volgeva facilmente al caos. Era abitata da altra gente, creata prima di noi e che in seguito è scomparsa. Era l’inizio dei tempi, e gli antenati si trasformavano a poco a poco in selvaggina. E quando il centro del cielo è infine crollato, molti di loro sono stati scaraventati nel mondo sotterraneo. Sono diventati gli aõpatari, gli antenati carnivori dai denti aguzzi che divorano tutto quello che gli danno in pasto gli sciamani. Abitano ancora sottoterra, vicino all’essere del vento di tempesta Yariporari e a quello del caos Xiwãripo. Vivono anche in compagnia degli esseri pecari, vespe e lombrichi divenuti altri.

Il dorso del cielo caduto all’inizio dei tempi è diventato la foresta in cui viviamo, il suolo su cui camminiamo. Per questo chiamiamo la foresta wãro patarima mosi, il vecchio cielo, ed è anche detta dagli sciamani hutukara, dal nome di questo antico livello celeste. In seguito, è sceso un altro cielo e si è fissato al di sopra della terra, rimpiazzando cosí quello che era crollato. È stato Omama a idearne il progetto, per usare una parola dei Bianchi. Ha pensato a come consolidarlo introducendovi ovunque aste del suo metallo, che ha poi infilato come radici nella terra4. Ecco perché questo nuovo cielo è piú solido di quello vecchio e non andrà in pezzi cosí facilmente! I nostri sciamani anziani lo sanno. Appena il cielo inizia a tremare e minaccia di incrinarsi, inviano subito i loro xapiri per rinforzarlo. Senza tutto questo, sarebbe di nuovo sprofondato da un pezzo!

La gente dell’inizio dei tempi non è stata cosí avveduta. Eppure ha lavorato molto per cercare di trattenerne la caduta. Ma, presa dal panico, ha tagliato puntelli troppo fragili nel legno molle e cavo degli alberi tokori e kahu usihi. Cosí, la maggior parte di questi antenati sono stati schiacciati o scaraventati sottoterra, salvo nel punto in cui il cielo ha finito per posarsi su un albero di cacao selvatico piegatosi sotto il suo peso, senza spezzarsi. Questo è successo al centro della nostra foresta, là dove si trovano le colline che chiamiamo horepë a. Alla fine, un pappagallo werehe, mordicchiando a poco a poco la superficie lacerata del cielo impigliata all’albero di cacao, è riuscito a fare un buco da cui questi antenati sono scappati. Sono quindi usciti dal dorso dell’antico cielo nella nuova foresta, dove hanno continuato a vivere. Gli sciamani li chiamano hutu mosi horiepë thëri pë, la gente uscita dal cielo. Tuttavia, in seguito, anche questi antenati hanno finito per scomparire. Si sono trasformati e sono stati portati via dalle acque, o sono bruciati quando, un tempo, tutta la foresta è andata in fiamme. Questo è quello che so. Siamo venuti all’esistenza dopo di loro e a nostra volta siamo cresciuti di numero. Cosí siamo i loro spettri.


Anch’io, senza conoscere veramente il lavoro degli anziani, ho ugualmente tentato di far tornare il tempo delle piogge. È avvenuto qui, a Watorikɨ, molto tempo fa. La siccità non finiva piú. Il caldo era sempre piú intenso. L’essere sole Mothokari era disceso dal petto del cielo e aveva davvero posato i suoi piedi nella foresta. Anche Omoari, l’essere del tempo secco, sembrava volesse trattenervisi per sempre! Aveva prosciugato tutti i corsi d’acqua e si era saziato di pesci e caimani. Aveva carbonizzato gli alberi e arrostito la terra. Le pietre erano diventate infuocate. La selvaggina e gli esseri umani soffrivano la sete. Era giunto il tempo di incendiare i terreni che avevamo preparato. Mentre lo facevamo, il vento ha fatto volare delle scintille nel sottobosco, troppo secco e disseminato di foglie morte. A quel punto, la foresta ha iniziato a bruciare tutt’intorno. Poi, a poco a poco, l’incendio si è propagato ovunque. Il fuoco, quando è cosí potente, diventa un essere sconosciuto e pericoloso che, per costruire la sua casa, si impossessa di tutti gli alberi che trova intorno a sé. Cosí, ha iniziato persino a risalire le pendici della montagna di Watorikɨ, non lontano dalla nostra casa, là dove gli esseri malefici della foresta coltivano le loro piante di stregoneria. Eravamo molto preoccupati al pensiero che le fiamme le bruciassero spargendo su di noi un’epidemia xawara. Il fumo continuava ad aumentare. Come prima cosa, si è innalzato fino al petto del cielo. Poi è ridisceso, sempre piú basso e denso, fino a coprire tutta la foresta. Avevamo gli occhi irritati e il petto riarso. Non distinguevamo piú nulla intorno a noi e tossivamo in continuazione. Respirare era diventato quasi impossibile. Temevamo che tutto bruciasse e che alla fine morissimo soffocati. Avevamo paura per i nostri figli, la nostra casa e i nostri orti.

Allora, con mio suocero, gli sciamani di Watorikɨ e altri mobilitati via radio, abbiamo bevuto la yãkoana e ci siamo messi all’opera per attirare la pioggia. Innanzitutto abbiamo fatto danzare l’immagine di Omama per colpire il fuoco e annientarlo. Poi abbiamo chiamato gli spiriti dei tuoni e quelli dei loro generi per fare arrivare le acque del temporale e riversarle sulle fiamme. Abbiamo anche fatto scendere l’immagine dell’essere del vento di tempesta per riportare il fumo nel cielo e ricacciarlo lontano da noi. A poco a poco, il fuoco ha iniziato a diminuire. Allora, i nostri spiriti hanno scacciato l’essere del tempo secco, Omoari, ammonendolo: “Ritorna da dove sei venuto! Non provare a stabilirti qui, altrimenti tutta la foresta andrà in fiamme e i suoi abitanti con lei!” In seguito hanno iniziato a richiamare l’essere del tempo delle piogge, Toorori, affinché pulisse la foresta.

Abbiamo lavorato in questo modo per giorni e giorni e, alla fine, la pioggia ha iniziato a cadere. Se non l’avessimo fatto, tutti gli alberi si sarebbero incendiati, fino alla terra dei Bianchi, poiché questo fuoco non era un semplice fuoco. Era un essere malefico temibile, uno spirito fuoco cannibale che noi chiamiamo naikiari wakë. Era lo spirito delle fiamme mõruxi wakë uscito da sottoterra, lo stesso che ha già incendiato tutta la foresta all’inizio dei tempi. Questo fuoco proviene da dove abita il sole e, nel luogo in cui vive, le acque non smettono mai di ribollire. Ha come rappresentante quello che i Bianchi chiamano vulcano. È cosí potente che brucia persino la sabbia e le pietre. La notte, durante le loro arringhe gli anziani ci hanno spesso parlato dell’incendio che al tempo di Omama ha devastato gli altipiani. Ci hanno raccontato che in alcuni luoghi gli alberi non sono piú ricresciuti. Cosí, le terre spoglie che noi chiamiamo purusi, alle sorgenti dei fiumi, sono la traccia del cammino di queste antiche fiamme. Non sono apparse da sole, senza motivo! Altrove, invece, la foresta è potuta ricrescere perché l’essere della ricchezza della terra, che noi chiamiamo Huture o Në roperi, ha lavorato senza sosta per ripiantarla. È un lavoratore infaticabile. Ha ripopolato il suolo carbonizzato di tutti i suoi alberi e anche di piante degli orti, manioca, banani e palme rasa si, affinché i nostri antenati, i loro figli e i loro nipoti potessero nutrirsene. Se non fosse esistito, saremmo sempre affamati e faremmo pena!


Solo gli antichi sciamani sapevano far uscire i pecari dalla terra chiamando la loro immagine. Un tempo, si utilizzava spesso questa foglia hayakoari hana come pianta di stregoneria. Ma è una foglia che appartiene agli spiriti del cielo hutukarari. Ecco perché quelli che erano colpiti dal suo potere divenivano immediatamente altri e vedevano danzare l’immagine dell’essere Hayakoari che assomiglia a un tapiro. Allora, iniziavano a gesticolare con esaltazione e abbandonavano le loro case gridando. Ma, in realtà, non stavano davvero correndo nella foresta. Senza che i loro parenti potessero vederla, era la loro immagine a fuggire cavalcando l’essere Hayakoari fino alla sua abitazione. Cosí restavano a lungo smarriti nella foresta, dove divenivano altri. Era in quel momento che cominciavano a veder danzare le immagini degli antenati pecari. Alla fine, abbandonavano il cammino dell’essere Hayakoari e, a poco a poco, si calmavano. Ritornavano alla loro abitazione, guidati dagli xapiri degli sciamani anziani venuti in loro soccorso. Senza questo, sarebbero morti di fame e di sfinimento, dimenticati sullo specchio dell’essere Hayakoari.


Anche gli animali sono degli esseri umani. Ecco perché si allontanano quando li si maltratta. Talvolta, nel tempo del sogno, sento le loro parole di malcontento quando vogliono negarsi ai cacciatori. Se si ha veramente fame di carne, bisogna frecciare la selvaggina con attenzione affinché muoia sul colpo. Se cosí accade, la preda è soddisfatta di essere stata uccisa in modo retto. Altrimenti, fugge lontano, ferita e furiosa verso gli esseri umani.

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Gli animali sono come gli esseri umani. Noi ci saziamo quando i nostri orti traboccano di caschi di banane e di palme rasa si e loro quando abbondano i frutti degli alberi della foresta. Questo è il loro nutrimento come loro sono il nostro, poiché gli animali che cacciamo sono gli spettri dei nostri antenati trasformatisi in selvaggina all’inizio dei tempi. Una parte è stata scaraventata nel mondo sotterraneo. Loro sono rimasti nella foresta in cui a nostra volta siamo stati creati e si sono trasformati in selvaggina. Gli diamo il nome di selvaggina ma, in realtà, siamo tutti degli esseri umani. È cosí. Quando la ricchezza della foresta si dilegua, la selvaggina diventa scheletrica e sempre piú rara perché è questa ricchezza che, abitualmente, la fa prosperare. Gli animali ingrassano, poi fanno dei piccoli che crescono e a loro volta si moltiplicano perché si cibano dei suoi frutti maturi e zuccherini. Per vivere, le loro immagini devono nutrirsi dell’immagine del valore di fecondità della foresta. Ecco perché gli sciamani fanno scendere, insieme a quella della fertilità della terra, anche l’immagine del grasso della selvaggina. Il grasso dei tapiri, dei pecari e delle scimmie ragno viene da lontano, da oltre la terra degli antenati dei Bianchi. È questo che ingrassa il loro bestiame e rende alcuni di loro cosí enormi! Noi lo chiamiamo yarori pë wite, il grasso degli spiriti animali.

Per riportarlo nella foresta, gli sciamani devono spedire lontano gli xapiri degli uccelli napore e hutuma. Il grasso viene da un essere sconosciuto e antico che ha le sembianze di una scimmia ragno gigantesca e che resta nascosto a valle del cielo, là dove sorge il sole. Questo essere è estremamente adiposo poiché conserva su di sé tutto il grasso della selvaggina e lo dispensa con parsimonia. Cosí, se tarda a distribuirlo, gli animali possono risultare troppo magri e malati per essere cacciati. Tuttavia, quando la sua immagine decide davvero di scendere nella foresta danzando, tutti gli animali iniziano a ingrassare di nuovo: scimmie, cervidi, tapiri, pecari, hocco, penelopi, are e pappagalli, come pure le tartarughe e i pesci. Cosí, quando dormiamo in stato di spettro, sazi di selvaggina bene in carne, l’immagine di questo grasso ci fa a nostra volta metter su pancia! Solo una volta, bevendo la yãkoana, ho visto con i miei occhi questo essere scimmia ragno gigantesco. Quando vuole far ingrassare la selvaggina che gli appartiene, la sua immagine si sposta solitaria nella foresta. Allora, durante il cammino, distribuisce il suo grasso tra tutti gli animali. Solo gli anziani, i grandi sciamani, possono chiamarla per far ingrassare la selvaggina. Io non so ancora come si fa e non voglio fingere. Ci proverò solo quando sarò sicuro di saperlo veramente. Non voglio comportarmi come quegli sciamani che mentono in continuazione e si vantano di far scendere degli xapiri che a malapena hanno intravisto e di cui non sanno quasi nulla!

Il fumo del metallo

Immagini di stranieri

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Un tempo, i Bianchi non esistevano. È quello che gli anziani mi hanno insegnato quando ero un bambino. All’epoca, Omama viveva nella foresta con suo fratello Yoasi e sua moglie Thuëyoma, che gli sciamani chiamano anche Paonakare. Suo suocero, Tëpërësikɨ, abitava in una casa sotto le acque. Ancora non c’era nessun altro. Era cosí. Omama ci ha dato la vita molto prima di creare i Bianchi ed è lui che, prima di loro, possedeva il metallo. I primi pezzi di ferro che i nostri antenati hanno utilizzato sono stati quelli che Omama ha abbandonato nella foresta quando è fuggito lontano, verso valle. Non possedevano vere asce, né veri machete, come oggi. Legavano questi pezzi di ferro usati a un manico per farne delle accette. Questi utensili erano rari. Ce n’erano davvero pochi nelle loro abitazioni! Solo alcuni anziani li possedevano e li custodivano gelosamente. Lavoravano con questi pezzi di ferro e li chiamavano utensili di Omama poiché erano molto resistenti. Gli altri uomini dovevano prenderli in prestito a turno per aprire i loro orti. Anche i visitatori delle case amiche venivano a chiedere il permesso di utilizzarli. A quel tempo era cosí. Gli oggetti dei Bianchi non erano ancora disseminati ovunque come lo sono ora! Ecco perché, oggi, penso al duro lavoro dei nostri anziani e questo mi dissuade dal voler possedere molte merci.

Omama era il solo a possedere il metallo e lo ha usato da sempre per lavorare nel suo orto. All’inizio dei tempi, gli è anche capitato di trasformarsi in barra di ferro a causa della paura! Aveva appena pescato la figlia di Tëpërësikɨ nel fiume quando suo suocero decise di venire a fargli visita. Si mise in cammino, portando un enorme e pesante sacco di foglie di palma intrecciate pieno di germogli di banani, talee di manioca, ignami, tari e patate dolci, canne da zucchero, semi di tabacco, papaia e mais. Veniva per insegnare a Omama l’uso delle piante coltivate. Tuttavia, in lontananza, si poteva ascoltare il suo chiasso terrificante, simile a quello di un uragano o di un grande trattore. Spaventato di dover incontrare questo terribile suocero, Omama Testo in corsivosi trasformò immediatamente in un pezzo di metallo e si piantò nel suolo della sua casa. Suo fratello, Yoasi, lo imitò subito ma si trasformò solo in un bastone di legno di palma che usiamo per scavare. Tëpërësikɨ entrò nella loro abitazione e, vedendo solo sua figlia, le domandò: “Dov’è tuo marito?” Con le labbra, lei gli indicò la barra di ferro. “Dov’è tuo cognato?” Additò il pezzo di legno. Allora Tëpërësikɨ esclamò: “Pianterete le cose che vi ho portato e le moltiplicherete. Quando avrete dei figli e farete crescere di numero gli Yanomami, se ne potranno nutrire!” Poi ritornò nella sua abitazione sotto le acque. Sono questi i cibi che mangiamo ancora oggi. Ma non è stato suo suocero a dare il metallo a Omama, lui lo possedeva già. Bevendo la yãkoana, l’ho visto trasformarsi in utensile d’acciaio. La sua immagine è ancora conficcata dove tutto questo è accaduto, negli altipiani, alle sorgenti di tutti i fiumi. In seguito, ha ripreso la sua forma umana e ha insegnato ai nostri antenati a lavorare nei loro orti con questo metallo.


La foresta ha perso il suo silenzio. Troppe parole ci giungono dalle città. Molti di noi ci sono andati quando erano malati o per difendere la nostra foresta. I Bianchi visitano spesso le nostre case. Le loro parole entrano nei nostri pensieri e li offuscano. Questi stranieri non smettono di preoccuparci, anche quando sono lontani da noi.

La nostra mente si confonde con parole sui cercatori d’oro che mangiano la terra della foresta e sporcano i nostri fiumi, con parole sui coloni e sugli allevatori che bruciano gli alberi per far mangiare il loro bestiame, con parole sul governo che vuole aprire nuove strade e strappare minerali dalla terra. Temiamo la malaria, l’influenza e la tubercolosi. La nostra mente resta tutto il tempo fissa sulle merci. Ci preoccupiamo troppo spesso di ottenere machete, asce, ami, pentoloni, amache, vestiti, fucili e munizioni. Mentre gli sciamani sono all’opera, i ragazzi giocano a calcio senza freni sulla piazza centrale della casa. Non legano piú il loro pene con una cordicella di cotone attaccata intorno alla vita, come fanno gli anziani. Indossano pantaloncini, vogliono ascoltare la radio e credono di poter diventare dei Bianchi. Si sforzano con fatica di balbettare la loro lingua da spettri e, a volte, pensano di abbandonare la foresta. Tuttavia, non sanno niente di cosa sono davvero i Bianchi, il loro pensiero è ancora ostruito. Potranno sempre provare a imitarli, ma questo non porterà a nulla di buono. Se continuano in questo cammino oscuro, finiranno per bere cachaça e diventeranno ignoranti come loro.


È stato Remori, lo spirito della grossa ape arancione remoremo moxi, a dare ai Bianchi la loro lingua contorta. Il loro parlare non assomiglia forse al ronzio di questi calabroni? Ha posto in loro una gola diversa dalla nostra. Remori viveva vicino a Omama, a valle dei fiumi, là dove diventano molto larghi e sono costeggiati da vaste distese di sabbia. È stato Omama che, volendo ridare vita alla schiuma della gente di Hayowari, l’ha esortato a infondere agli stranieri che aveva appena creato un altro linguaggio. Ecco perché i nostri anziani non capivano nulla di quello che gli dicevano i primi Bianchi che incontravano. Quel parlare disarticolato era davvero spaventoso da sentire! Quando i Bianchi gli rivolgevano la parola, si limitavano a tendere l’orecchio pensando con perplessità: “Cosa potranno mai voler dire? È davvero tutto quello che sanno pronunciare? Che modo di parlare spaventoso! Questa lingua non è forse quella degli spettri? No, questo deve essere un altro parlare, quello che Remori ha dato agli stranieri!”

Nonostante cercassero di imitarli, non ne veniva mai nulla di comprensibile! Riuscivano solo a proferire parole brutte e contorte! Le nostre parole di abitanti della foresta sono molto diverse! Sono le parole che Omama ci ha insegnato, e i Bianchi non possono capirci. È cosí. Omama e Remori hanno deciso che la gente che avevano creato non dovesse possedere lo stesso linguaggio. Hanno pensato che l’uso di una sola lingua avrebbe provocato tra loro dei conflitti incessanti, poiché le cattive parole degli uni avrebbero potuto essere comprese senza alcun ostacolo da tutti gli altri. Ecco perché hanno dato agli stranieri altri modi di parlare e poi li hanno separati su terre differenti. A quel punto, facendo fiorire tutte queste lingue in loro, dissero: “Non capirete le parole degli altri. Capirete solo le vostre e, in questo modo, bisticcerete solo tra voi. E lo stesso varrà per loro”.

Omama, Remori e gli abitanti di Hayowari sono scomparsi dalla nostra foresta da lungo tempo. Tuttavia, è cosí solo agli occhi della gente comune. Gli sciamani, da parte loro, sanno che gli spettri sono sempre presenti nella foresta. Continuano a far danzare le loro immagini e a far sentire i loro canti.

Primi contatti

I nostri anziani non sapevano ancora nulla di tutto questo. Desideravano solo scambiare machete, asce, vestiti, riso, sale e zucchero. Si rivolgevano ai Bianchi ripetendo gioiosamente alcune delle loro parole come dei pappagalli. Si dicevano: “Questi stranieri sono davvero amichevoli, sono molto generosi!” Ma si sbagliavano! Non appena hanno ottenuto gli oggetti preziosi e il cibo che agognavano, si sono subito ammalati e poi sono morti a uno a uno. Mi addolora pensarci. Sono stati tratti in inganno da queste merci e sono tutti morti a causa loro. È in questo modo che i miei anziani sono scomparsi, volendo fare amicizia con i Bianchi. E dopo la loro morte, sono rimasto da solo con la mia collera. Da allora, non mi ha piú lasciato. È lei che oggi mi fa lottare* contro questi stranieri che pensano solo a bruciare gli alberi della foresta e a insozzare i suoi fiumi come orde di pecari! Provo sempre tristezza nel vedere il vuoto della foresta che i miei anziani attraversavano. L’epidemia xawara non l’ha mai piú abbandonata e, da allora, la nostra gente continua a morire nello stesso modo.

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Quando hanno visto questi stranieri per la prima volta, i nostri anziani li hanno scambiati per degli spettri. Hanno avuto davvero molta paura e si sono detti: “Sono gli spettri dei nostri morti che tornano tra noi!” Dopo, hanno capito che si trattava piuttosto degli antenati di Hayowari che Omama aveva trasformato in stranieri. Allora hanno pensato che forse questi abitanti di terre lontane erano ritornati nella foresta per generosità, per portare oggetti di scambio agli Yanomami che ne erano sprovvisti. Oggi, nessuno pensa piú una cosa simile! Abbiamo visto i Bianchi disseminare le loro epidemie e ucciderci con i loro fucili. Li abbiamo visti distruggere la foresta e i fiumi. Sappiamo che possono essere avari e cattivi e che il loro pensiero è spesso pieno di oscurità. Hanno dimenticato che è stato Omama a crearli. Hanno perduto le parole dei loro anziani. Hanno dimenticato quello che erano all’inizio dei tempi, quando anche loro avevano una cultura.


I Bianchi raccontano che un portoghese ha detto di aver scoperto il Brasile molto tempo fa. Pensano davvero che sia stato il primo a vedere la nostra terra. Ma questo è solo un pensiero pieno di oblio! Omama ci ha creati insieme al cielo e alla foresta, là dove i nostri antenati hanno vissuto da sempre. Le nostre parole sono presenti su questa terra dall’inizio dei tempi, come lo sono le montagne in cui abitano gli xapiri. Sono nato nella foresta e ho sempre vissuto qui. Tuttavia, non dico di averla scoperta e che per questo voglio possederla. Cosí come non dico di aver scoperto il cielo o la selvaggina! Sono sempre stati qui, ben prima che nascessi! A me basta guardare il cielo e cacciare gli animali della foresta. È cosí, e questo è l’unico pensiero retto.

La strada

I fumi delle macchine e dei motori sono pericolosi per gli abitanti della foresta. Sono anche fumi del metallo, fumi d’epidemia. Non avevamo mai inalato una cosa simile prima dell’arrivo dei Bianchi. Noi siamo altri. La nostra carne non reca tracce di vaccino e non abbiamo rimedi contro le epidemie xawara. I nostri anziani sono sempre stati protetti dalla freschezza della foresta. Siamo di un altro sangue. Non abbiamo mai vissuto, come i Bianchi, su terre infuocate e senza alberi dove le macchine corrono in ogni direzione. Sin dall’inizio dei tempi, i nostri anziani vivevano soli nella foresta, lontano dalle merci e dai motori. Questi fumi d’epidemia hanno un odore spaventoso che ha tagliato il loro soffio di vita. Non appena li hanno respirati, sono morti tutti, gli uni dopo gli altri. E, ancora oggi, la gente degli altipiani continua a morire a causa loro. Già all’epoca della strada, avrei voluto dire ai Bianchi: “Non tornate nella nostra foresta! Le vostre epidemie xawara hanno già divorato troppi dei nostri anziani! Non vogliamo piú conoscere una tale tristezza! Aprite i cammini dei vostri camion lontano dalla nostra terra!” Ma non ho osato parlare con loro. Ero ancora troppo giovane e poco avveduto. Non sapevo cosa significasse difendere la foresta. Non sapevo come far sentire la mia voce nelle loro città. È stato solo in seguito, dopo che la strada ebbe dilaniato la foresta, che ho iniziato a pensare con piú fermezza. Ho iniziato a sognare spesso la foresta che Omama ha creato per noi e, poco alla volta, le sue parole sono cresciute in me.

Sognare la foresta

La nostra foresta è sempre bella e fresca, anche quando la pioggia si fa rara. Il potere della sua fertilità në rope mantiene gli alberi in vita. Si trova al centro dell’antico cielo Hutukara, là dove è sotterrato il metallo di Omama, alle sorgenti dei fiumi. Oltre i suoi limiti, il territorio dei Bianchi che ci circonda è fatto solo di terre ferite da cui provengono tutti i fumi d’epidemia. Ho spesso viaggiato in aereo al di sopra della foresta e ai suoi bordi ho visto solo alberi morti di cui il fuoco ha persino ucciso i semi nascosti sottoterra. Ho visto la terra dei Bianchi estendersi lontano, ritagliata da ogni parte e coperta di basse erbe cattive. Il fogliame non c’è piú e presto il suolo sarà solo sabbia.

Tuttavia, i Bianchi non ascoltano le nostre parole. Pensano solo a rendere la nostra terra spoglia e infuocata come la savana che circonda la città di Boa Vista. È questo il loro unico pensiero riguardo alla foresta. Forse ritengono che nulla possa esaurirla. Si sbagliano. Non è vasta come credono. Agli occhi degli xapiri, che volano oltre il dorso del cielo, sembra esigua e coperta di cicatrici. I suoi margini portano i segni del disboscamento e del fuoco dei coloni e degli allevatori e al suo centro si trovano i segni del fango dei cercatori d’oro. Tutti la devastano con avidità come se volessero divorarla. Gli sciamani invece vedono che soffre ed è malata. Tanta distruzione ci preoccupa. Temiamo che possa ritornare al caos annientando gli esseri umani, come è accaduto un tempo. I nostri spiriti xapiri sono molto preoccupati di osservare la terra divenuta spettro. Ritornano dai loro voli lontani piangendo le sue ferite nei loro canti. Ho spesso sentito le loro voci lamentarsi quando portavano la mia immagine lontano per mostrarmi questa devastazione.


Non possiedo la saggezza degli anziani. Ciononostante, sin dall’infanzia, ho sempre voluto comprendere le cose. Alla fine, diventato adulto, sono state le parole degli spiriti a rendermi piú intelligente e a sostenere il mio pensiero. Ora so che i nostri antenati hanno abitato questa foresta dall’inizio dei tempi e che ce l’hanno lasciata affinché potessimo viverci a nostra volta. Non l’hanno mai maltrattata. I suoi alberi sono belli e la sua terra fertile. Il vento e la pioggia mantengono la sua freschezza. Noi mangiamo la sua selvaggina, i suoi pesci, i frutti dei suoi alberi e i suoi mieli selvatici. Beviamo l’acqua dei suoi fiumi e questa fa crescere i banani, la manioca, le canne da zucchero e tutto quello che piantiamo nei nostri orti. Viaggiamo nella foresta per andare alle feste reahu a cui siamo invitati. Vi compiamo le nostre spedizioni di caccia e di raccolta. È qui che gli spiriti vivono muovendosi ovunque intorno a noi. Omama ha creato questa terra e qui ci ha dato l’esistenza. Vi ha posto le montagne per tenerla ferma e ne ha fatto le case degli xapiri, che ci ha lasciato affinché si prendessero cura di noi. È la nostra terra e queste sono parole di verità.

Vedere i Bianchi distruggere la foresta con le loro macchine e sporcarla con i loro fumi d’epidemia mi ha fatto arrabbiare. Un tempo abitavano molto lontano da noi e pensavano che, oltre loro, ci fosse solo un grande vuoto. Non è vero. All’inizio dei tempi, Omama li ha tenuti lontani affinché non si avvicinassero alla nostra foresta. Li ha allontanati da essa, avvisandoli: “Questa terra è mia. Voi, gente di Teosi, che non avete alcuna saggezza, vivrete altrove, molto lontano da essa, per non devastarla. Qui resteranno solo i miei figli poiché hanno amicizia per essa!” Ecco perché i Bianchi hanno faticato tanto per giungere fino a noi, anche con le loro barche a motore e, in seguito, con i loro aerei. I nostri fiumi sono intervallati da innumerevoli rapide e la nostra foresta è coperta di colline e di montagne che li ostacolano. Vogliamo continuare ad abitarvi da soli, con tranquillità, come facevano un tempo i nostri avi. Non vogliamo piú morire prima di invecchiare. Non vogliamo piú che i nostri bambini e le nostre donne piangano dalla fame. Quando ci mescoliamo ai Bianchi, tutto inizia ad andare male. Ci promettono merci, ma pensano solo a rubare la nostra terra. Quando sono in collera, fanno fuoco su di noi con i loro fucili. Cominciano a prendere le nostre donne. Noi siamo sempre malati e non possiamo piú cacciare né piantare i nostri orti. Alla fine, moriamo quasi tutti a causa delle loro epidemie xawara.

L’oro cannibale

Le cose che i Bianchi estraggono con tanta fatica dalle profondità della terra, i minerali e il petrolio, non sono cibo. Sono cose malefiche e pericolose, impregnate di tosse e di febbri, che Omama era il solo a conoscere. Un tempo, ha deciso di nasconderle sotto il suolo della foresta affinché non ci facessero ammalare. Per proteggerci, ha voluto che nessuno potesse toccarle. Ecco perché devono restare dove egli le ha da sempre sepolte. La foresta è la carne e la pelle della nostra terra, che è il dorso dell’antico cielo Hutukara caduto all’inizio dei tempi. Il metallo che Omama vi ha celato è il suo scheletro che la foresta avvolge in una freschezza umida. Sono queste le parole dei nostri spiriti che i Bianchi ignorano. Hanno già fin troppe merci. Nonostante questo, continuano a scavare la terra senza sosta, come armadilli giganti. Non pensano che cosí facendo, verranno contaminati come noi. Si sbagliano.

Spesso, durante la notte, pensavo a queste cose della terra che i Bianchi desiderano con tanta avidità. Mi chiedevo: “Come sono venute all’esistenza? Di cosa sono fatte?” Alla fine, gli xapiri mi hanno permesso di vedere la loro origine nel tempo del sogno. Ciò che i Bianchi chiamano “minerali” sono schegge di cielo, di luna, di sole e di stelle cadute all’inizio dei tempi. Ecco perché, sin da sempre, i nostri anziani hanno chiamato il metallo brillante mareaxi o xitikarixi, che è anche il nome delle stelle. Questo metallo, che si trova sotto la terra, viene dall’antico cielo Hutukara che, un tempo, è crollato sui nostri antenati. Divenuto spettro durante il sonno, ho anche visto i Bianchi lavorare con questi minerali. Con le loro macchine, strappavano e raschiavano dei grandi blocchi per farne pentoloni e utensili di metallo. Tuttavia, non sembravano rendersi conto che quei frammenti di antico cielo erano pericolosi! Ignoravano che emanano un fumo di metallo denso e giallastro, un potente fumo di epidemia, che si scaglia come un’arma su coloro che si avvicinano e lo respirano, per ucciderli.

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Le parole dell’immagine di Omama ci insegnano a diffidare dell’oro e degli altri minerali. Sono cose malefiche sconosciute e pericolose che portano solo malattia e morte. L’oro, quando è ancora sotto forma di pietra, è un essere vivente. Muore solo fondendo nel fuoco, quando il suo sangue evapora nei grandi pentoloni delle fabbriche dei Bianchi. Allora, morendo, diffonde il pericoloso calore del suo soffio che noi chiamiamo oru a wakixi, il fumo dell’oro. Lo stesso vale per tutti i minerali quando vengono bruciati. Ecco perché i fumi del metallo, dell’olio dei motori, degli utensili, dei pentoloni e di tutti gli oggetti che fabbricano i Bianchi si mescolano e si propagano nelle loro città. Questi vapori, caldi, densi e giallastri come la benzina, si attaccano ai capelli e ai vestiti. Penetrano negli occhi e invadono il petto. È un veleno che sporca il corpo dei Bianchi senza che se ne accorgano. In seguito, tutto questo fumo malefico va alla deriva lontano e, quando arriva nella foresta, ci lacera la gola e divora i nostri polmoni. Ci brucia con la sua febbre e ci fa tossire senza sosta, poi ci indebolisce, prima di ucciderci. Un tempo, pensavamo che apparisse senza nessuna ragione. Poi, i nostri spiriti xapiri hanno viaggiato fino alle lontane terre dei Bianchi. Laggiú hanno visto tutte le loro fabbriche e ce ne hanno riferito le parole.

Ora sappiamo da dove proviene questo fumo malefico. È il fumo del metallo, che noi chiamiamo anche il fumo dei minerali. È un solo e unico fumo d’epidemia xawara ed è davvero nostro nemico. Omama ha nascosto i minerali affinché restassero sottoterra e non potessero mai contaminarci. Fu una decisione saggia e nessuno di noi ha mai pensato di scavare il suolo per sottrarli all’oscurità! Queste cose malefiche restavano nascoste e i nostri anziani non erano sempre malati come lo siamo noi oggi. Tuttavia, nella loro ignoranza, i Bianchi hanno iniziato a strappare freneticamente i minerali dal suolo, per cuocerli nelle loro fabbriche. Non sanno che, uccidendoli in questo modo, liberano il vapore malefico del loro soffio. Allora, questo si leva ovunque nel cielo fino a sbattere contro il suo petto. Poi ricade sugli esseri umani ed è cosí che ci fa ammalare. Il suo veleno è temibile. Non sappiamo cosa fare per resistergli. Ecco perché siamo cosí preoccupati. Anche se questo fumo d’epidemia non è ancora cosí alto sopra la nostra foresta, non smette di propagarsi e di accumularsi. Nelle città dove si trovano le fabbriche dei Bianchi, si estende già ovunque. Adesso, i garimpeiros appestano la foresta con le esalazioni dei loro motori e i vapori dell’oro e del mercurio che bruciano insieme. Poi, prima di vendere il loro oro in città, lo conservano in scatole di ferro che, scaldandosi al sole, esalano fumi cattivi. Depositano a terra sacchi pieni di cassiterite che propagano anch’essi vapori di malattia. Allora, tutti questi fumi pericolosi, portati dal vento, ricadono sulla foresta e su di noi. Tutto ciò si mescola fino a diventare una sola epidemia xawara che diffonde ovunque febbre, tosse e altre malattie sconosciute e feroci che divorano la nostra carne. Questa xawara che invade la foresta ci fa assomigliare ad armadilli che vengono affumicati perché escano dalle tane! Se il pensiero dei Bianchi non cambia strada, temiamo che essa ci ucciderà tutti, prima di avvelenare anche loro.


Quello che i Bianchi chiamano il mondo intero si deteriora a causa delle fabbriche che producono tutte le loro merci, le macchine e i motori. Per quanto la terra e il cielo siano vasti, questi fumi finiscono per propagarsi in ogni direzione e tutti ne sono colpiti: gli esseri umani, gli animali e la foresta. È vero. Persino gli alberi si ammalano. Divenuti spettri, perdono le foglie, si seccano e si spezzano da soli. Anche i pesci muoiono nell’acqua sporca dei fiumi. Con il fumo dei minerali, del petrolio, delle bombe e delle cose atomiche, i Bianchi faranno ammalare la terra e il cielo. Allora, i venti e i temporali entreranno in stato di spettro. Alla fine, anche gli xapiri e l’immagine di Omama ne saranno colpiti!

È per questo che noi sciamani siamo cosí tormentati. Quando l’epidemia xawara ci attacca e cuoce la nostra immagine con la benzina e il petrolio nei suoi pentoloni di ferro, ci fa divenire altri e sognare ininterrottamente. Allora vediamo tutti quei Bianchi andare alla ricerca del metallo che bramano. Vediamo i fumi delle innumerevoli truppe di esseri malefici xawarari che li accompagnano e li combattiamo con forza. Siamo abitanti della foresta e non vogliamo che la nostra gente muoia. Probabilmente, i Bianchi pensano che Teosi riuscirà a far scomparire dal cielo il fumo xawara delle loro fabbriche. Si sbagliano. Trascinato dal vento, molto in alto nel petto del cielo, ha già iniziato a sporcarlo e bruciarlo. È vero, il cielo non è cosí basso come appare ai nostri occhi da spettri e come noi si sta ammalando! Se tutto questo continua, la sua immagine si squarcerà lentamente sotto il calore dei fumi dei minerali. Allora, si scioglierà a poco a poco come una busta di plastica gettata nel fuoco e i tuoni non smetteranno piú di urlare di collera. Tutto questo non sta ancora accadendo perché gli spiriti hutukarari continuano a versarvi acqua per raffreddarlo. Ma è questa malattia del cielo che noi sciamani temiamo piú di ogni altra cosa. Gli xapiri e anche tutti gli altri abitanti della foresta sono molto preoccupati di questo, perché, se alla fine si incendierà, il cielo crollerà di nuovo. Allora, bruceremo tutti e, come i nostri antenati dell’inizio dei tempi, verremo scaraventati nel mondo sotterraneo.

La caduta del cielo

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La terra profonda è rossa e cattiva. Le piante non possono fortificarsi in essa. Il valore di fertilità della foresta è nella parte del suolo che si trova in superficie. Ne esce un soffio di vita umido che chiamiamo wahari. Quest’aria fredda viene dall’oscurità del mondo sotterraneo, dal suo grande fiume, Motu uri u, e dall’essere del caos, Xiwãripo. Appartiene a Urihinari, lo spirito della foresta. La sua freschezza si propaga soprattutto durante la notte poiché, di giorno, appena il sole diventa piú caldo, ritorna nel suolo. Questo soffio persiste perché il dorso della terra è coperto di foglie e protetto dagli alberi. Noi diciamo che è la pelle della foresta. Se i Bianchi la strappano con i trattori, presto nelle profondità del suolo non resteranno che ghiaia e sabbia e l’umidità scomparirà definitivamente. Quest’umidezza fresca è un liquido simile allo sperma. Insemina gli alberi penetrando nelle radici e nei semi. È questo che li fa crescere e fiorire. Se si prosciuga, la terra perde il suo odore di fertilità e diventa sterile. Non dà piú nessun nutrimento. Quando invece ne è impregnata, diventa nera e bella. Sprigiona un forte profumo di foresta. Questo liquido è anche un nutrimento, ecco perché le piante che mangiamo crescono grazie a lui. È l’immagine dell’antenato formica Koyori che colloca gli orti sul suolo della foresta. Allora prendono la sua fecondità e le piante che vi coltiviamo crescono con vigore. È cosí. I cibi che piantiamo crescono bene solo dove danza l’immagine della fertilità në roperi, dove scorrazzano gli spiriti formica koyo, gli spiriti pipistrello e gli spiriti armadillo gigante. Quando la foresta è cattiva e non ci sono orti, diciamo che è una foresta divenuta altra.


Quello che i Bianchi chiamano “natura” è, nella nostra antichissima lingua, urihi a, la terra-foresta, ma anche la sua immagine, visibile solo agli sciamani, che noi chiamiamo Urihinari, lo spirito della foresta. È grazie a essa che gli alberi sono vivi. Cosí, quello che chiamiamo lo spirito della foresta sono le innumerevoli immagini degli alberi, delle foglie, che sono i loro capelli, e delle liane. Sono anche quelle della selvaggina e dei pesci, delle api, delle tartarughe, delle lucertole, dei lombrichi e anche delle lumache warama aka. Anche l’immagine del valore di fertilità della foresta në roperi è quello che i Bianchi chiamano natura. Vennero create insieme ed essa le dà la sua ricchezza. Per noi, i veri signori della natura sono gli spiriti xapiri e non gli esseri umani. Gli spiriti rospo, caimano e pesce, figli di Tëpërësikɨ, sono i signori dei fiumi, come gli spiriti ara, pappagallo, tapiro o cervo e tutti gli altri spiriti animali sono i signori della foresta. È cosí. Gli xapiri non smettono di muoversi a nostra insaputa su tutta la sua estensione. Sono loro che, giungendo dalle montagne, fanno nascere i venti con le loro corse e i loro giochi, che si tratti della brezza del tempo secco, iproko, o del vento del tempo delle piene, yari. Sono gli spiriti della pioggia maari che scendono dal cielo per rinfrescare la terra con i loro acquazzoni e che scacciano il tempo d’epidemia. Ecco perché, se gli xapiri restano lontano da noi senza che gli sciamani li facciano danzare, la foresta diventerà troppo calda per continuare a viverci ancora a lungo. I suoi esseri malefici në wari e gli spiriti dell’epidemia xawarari si insedieranno vicino alle nostre case e non smetteranno piú di divorarci.


Sin dall’inizio dei tempi, Omama è stato il centro di quello che i Bianchi chiamano “ecologia”. È vero! Ben prima che queste parole esistessero da loro e iniziassero a parlarne tanto, erano già in noi, senza che le chiamassimo nello stesso modo. Per gli sciamani, sono state da sempre parole venute dagli spiriti per difendere la foresta. Se possedessimo libri come loro, i Bianchi potrebbero costatare quanto sono antiche! Nella foresta, siamo noi esseri umani a essere l’ecologia. Ma, come noi, lo sono anche gli xapiri, la selvaggina, gli alberi, i fiumi, i pesci, il cielo, la pioggia, il vento e il sole! È tutto quello che è venuto all’esistenza nella foresta, lontano dai Bianchi; tutto ciò che non è stato ancora circondato da recinzioni. Le parole dell’ecologia sono le nostre antiche parole, quelle che Omama ha dato ai nostri antenati. Gli xapiri difendono la foresta da quando esiste. I nostri anziani non l’hanno mai devastata perché li hanno al loro fianco. Non resta sempre viva? I Bianchi, che in passato ignoravano tutte queste cose, oggi iniziano a capirle. Ecco perché alcuni di loro hanno inventato nuove parole per proteggere la foresta. Adesso dicono di essere gente dell’ecologia perché sono preoccupati di vedere che la loro terra sta diventando sempre piú calda.

I nostri antenati non hanno mai pensato a disboscare la foresta o a scavare la terra in modo indiscriminato. Credevano semplicemente che la foresta fosse bella e che dovesse restare cosí per sempre. Le parole dell’ecologia per loro consistevano nel dirsi che Omama aveva creato la foresta affinché gli esseri umani potessero viverci senza maltrattarla. È tutto. Noi siamo abitanti della foresta. Siamo nati al centro dell’ecologia e qui siamo cresciuti.

Parole di Omama

Senza la yãkoana, gli xapiri non verrebbero a fare la loro danza di presentazione. Ecco perché gli sciamani anziani continuano a far inalare ai giovani la sua polvere. In questo modo gli trasmettono il soffio di vita e il cammino dei loro spiriti affinché possano a loro volta vederli e chiamarli. Gli xapiri continuano quindi a scendere da loro come facevano per i nostri antenati all’inizio dei tempi. Niente è cambiato. Ecco perché le loro parole non hanno fine. Sono molto antiche ma sono sempre nuove. Sono parole solide che non invecchiano mai; parole di coraggio che ci vendicano senza sosta. Prima di spirare, gli sciamani piú vecchi cedono i propri spiriti ai figli e ai generi. Poi questi ultimi fanno lo stesso, prima di scomparire. È da sempre cosí. Nel corso del tempo, i canti degli xapiri passano ininterrottamente da uno sciamano all’altro. Ecco perché ancora oggi diveniamo spiriti come facevano i nostri avi, molto prima di noi.

Le parole degli xapiri sono innumerevoli quanto loro stessi e noi ce le tramandiamo da quando Omama ha creato gli abitanti della foresta. Un tempo, erano i miei padri e i miei nonni a possederle. Le ho ascoltate per tutta l’infanzia e oggi, divenuto sciamano, devo a mia volta farle crescere in me. In seguito, se vorranno, le darò ai miei figli, che dopo la mia morte faranno lo stesso. Cosí, le parole degli xapiri non smettono di rinnovarsi e non possono essere dimenticate. Non fanno che aumentare sciamano dopo sciamano. La loro storia non ha fine. Oggi, seguiamo quello che Omama ha insegnato ai nostri antenati all’inizio dei tempi. Le sue parole e quelle degli spiriti che ci ha lasciato restano al nostro fianco. Provengono da un’epoca molto remota, ma non muoiono mai. Al contrario, aumentano e si fissano dentro di noi l’una dopo l’altra e cosí, per ricordarle, non abbiamo bisogno di disegnarle. La loro carta è il nostro pensiero, che, da tempi molto antichi, è diventato lungo come un grande libro interminabile.

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Quando diveniamo spiriti, vediamo innanzitutto l’immagine di Omama venire da noi a fare la sua danza di presentazione. Poi tutti gli altri xapiri arrivano al suo seguito. La sua immagine ci trasmette le parole con cui egli fa crescere il nostro pensiero. Basta ascoltare i canti degli sciamani anziani per sentire la sua voce. È cosí che Omama continua a prendersi cura di noi e a metterci in guardia contro i pensieri oscuri dei Bianchi: “Quando arrivano, carichi di tutte le loro merci, sembrano ingegnosi e generosi. Ma fate attenzione! Presto diventano avari e ignoranti! Allora si mostrano impazienti e iniziano a maltrattarci. Se volessero davvero far amicizia con noi, non si comporterebbero in questo modo!”

Quando un giovane sciamano non conosce ancora l’immagine di Omama, gli anziani aprono il suo cammino e la fanno scendere per la prima volta. Non appena egli la vede arrivare, viene abbagliato dalla sua bellezza e il suo pensiero si apre all’istante. Allora pensa con ammirazione: “Haixopë! Ecco veramente Omama di cui prima conoscevo solo il nome! Com’è bello con i suoi folti capelli bruni cinti da una fascia di coda di saki nero e coperti di piccole piume di un bianco luminoso! La sua pelle, spalmata di pitture di annatto, è davvero splendente sotto la luce! Come sono meravigliose le caudali di ara rossa dei suoi bracciali e le gole blu degli uccelli hëɨma si dei lobi delle sue orecchie! Paragonati a lui siamo davvero brutti, e come appare grigiastro il nostro corpo!”

Cosí, si diviene un vero sciamano solo quando lo spirito di Omama scende da noi. Senza di lui, gli altri xapiri non avrebbero affatto voglia di avvicinarsi a noi. Invece, non appena la sua immagine invia rapidamente in avanguardia le donne spiriti di cui è padre e suocero, tutti gli xapiri che le corteggiano arrivano accalcandosi per danzare e costruire gioiosamente la loro casa. È quello che è successo quando mio suocero mi ha fatto bere la yãkoana per la prima volta. Ero in stato di spettro. Avevo assunto una tale quantità di polvere che ero sul punto di divenire altro! Il soffio degli xapiri che gli anziani mi avevano dato con la yãkoana mi aveva fatto morire! Proprio in quel momento mi si è rivelata l’immagine di Omama. Allora, anch’io sono subito divenuto spirito, come accadde un tempo a suo figlio. È cosí. Se non si diviene altro con la polvere di yãkoana, si può solo vivere nell’ignoranza. Allora ci limitiamo a mangiare, ridere, copulare, a parlare a vanvera e a dormire sognando poco. Non ci interroghiamo sulle cose dell’inizio dei tempi. Non pensiamo mai: “Chi erano i nostri antenati divenuti selvaggina? Com’è caduto il cielo? In che modo Omama ha creato la foresta? Cosa dicono veramente i canti e le parole degli xapiri?” Se invece beviamo spesso la yãkoana, come Omama ci ha insegnato, i nostri pensieri non restano mai vuoti. Possono farsi strada e moltiplicarsi lontano, in ogni direzione. È cosí che si ottiene davvero la saggezza.